DANTE ALIGHIERI. VITA NOVA XX Appresso che questa canzone fue alquanto divolgata tra le gen-' con ció fosse cosa che alcuno amico l'udisse1, volontade lo mosse a ° are me che io li dovesse dire che ě Amore, avendo forse per 1'udite SuSc speranza di me okre che degna>. Onde io, pensando che appres-Pa di cotale trattato bello era trattare alquanto d'Amore4, e pensando che J amico era da servire5, propuosi di dire parole ne le quali io trattas si d'Amore; e allora dissi questo sonetto lo qual comincia: Amore e 7 cor gentil. 1. Appresso ... tra le gcnti: riprende in po sitivo la battuta dubitativa su cui si chiu-deva il capitolo precedente. 2. ton ció fosse ... 1'udisse: «poiché un amico la ascoltó». Essendo questo amico un influente consigliere di Dante in materia poetica - come si vedra subito dopo - sara forse identificabile proprio con Cavalcanti. 3. avendo forse ... oltre che degna: «aspettandosi da me, in virtú dei miei versi giá conosciuti, qualcosa di piú che degno». L'amico chiede a Dante, a que- sto punto, un componimento nel quale ii~5oeta espônga quale sia per luTía na-tiira di Amorc: tema tradizionale del re TJertorťo~~cortešé"e stibiovistico (affron-tatďäd esempiO in UP" r*ngf>ng tra i «si cilfäní* läčôpo Mostacci, Pier della Vi-gna ľ Giacomo da Lentini, pi'r cui cfr. T1.3). 4. pensando che ... d'Amore: pensando che dopo ciô che era stato trattato nella canzone (cotale trattato) era bello trattare sulla natura d'Amore. 5. da servire: da accontentare. Amore e '/ cor gentil sono una cosa v~ (xx) " L'identificazione di cor gentile e di Amore ě, come dice esplicitamcnte Dante nel secondo verso, una citazione dalla celebre canzone di Guido GuinizzeUi. Alcur gentii rempaira sempře cimore, U_«manifesto» dcllo «stil novo» (durante 1'incontro con Guinizzelli, nel Purgatorio, DanteTocTefi-nirk«'ú padre / mio e de li altri miei miglior che mai / rime d'amor usar dólá e Jeggiadre»: XXVI, 97-99). In questo sonetto e nel successivo,T)an-te diaJoga infatti con i suoi due grandi maestri nel rimar volgare, Guinizzelli e Cavalcanti, e mostra nei loro confronti owie coincidenze e meno owie discordanze, come si vedra. NdJ'XI canto iw. 97-99) del Purgatorio, del restor ě affidato alle parole del grande mmiatorc ()dcrisi da GuKEio il mmpito Hi flffemr h. SU-penonta deUo stesso Dante rispmo^ due poeti suoi predecessori: «Cosi ha olto 1 uno a 1'altro (Juicio I c ioe ( iavah ami a (luini/./cUi] / la glo. ia de Ja m%u*> e rorse ě nato / chi luno e I'altro cacccra del nido». í sonerto. Quartine: ABAß Aß AB; temne: CDE CDE. EpocA x LA CRISI DEL MONW> COMUNALE .300-,, II 14 Amore e 'l cor genta sono una cosa, sí come il saggio in suo dittare pone, e cosi esser lun sanza Valtro osa com'alma razional sanza ragione. Falli natura quanďé amorosa, Amor per sire e '1 cor per sua magione, dentro la qual dormendo si ňposa tal volta poca e tal lunga stagione. Bieltate appare in saggia donna pui, che piace a li occhi sí, che dentro al core nasce un disio de la cosa piacente; e tanto dura talora in costui, che fa svegliar lo spirito ďAmore. E simil face in donna omo valente. w. 1-4. «Come il saggio poeta scriye nel a^giíiponixnento Un suo dittare), Pamo-re e il cuore genlile sono una cosa sola: úno ardisce dl staré senza 1'altro. cosi come 1'anima umana ardisce di staré senza la ragione (cioě non stanno l'uno senza 1'altro)». Nel primo verso la citazione tratta da (iuinizzdli (dr. li.}) si unisce a un as serzione di tono filosofico e di ispirazione nettamente razionalistica, quasi a con-traddire implicitamente rinterpretazione che, del nesso individuato da Guinizzelli avevadato l'«irrazionalista» Cavalcanti: pq Dan.tr| invece, c'é «un sostanziale ac cordofra«pinfflrmr|^ e capacita intellet-óvj» (Picone). Dtctare e dictamen sono per la cultura medievale dó che si scrive 'nicnaoni artistiche. o comunque re-sorvealiate: e si contrappon-Katlando. Nel XXIV tono c «Amore> che «dit- ta dentro» aďanimo del poeta (v. 54) w. 5-8. «la nátura umana li concepUce insieme qúandě disposta a pensieďamo-rosi, cioe pone Amore come signore e il cuore come sua dimora, dormendo nelLa quale il primo si riposa a volte pe"r breve tempo, akre volte piú a lungo». II sonno ďAmore «indica 1'esistere pdfenzialmen-te senza essersi ancora manifestato, sve-gliato in atto» (Barbi-Maggini). v. «in una donna saggia appare poi una bellezza, che piace agli occhi in módo che dentro al cuore nasce un desiderio di quella cosa piacente»: ancora decisivo, per 1'innamoramento, ě il compito della vista, v. 12. e tanto rimane talvolta in questo (nel cuore). v. 14. «E lo stesso effetto fa sulla donna un uomo u^valore^Dante sottolinea cne lo scambio amorosolřá i due sessi agisce in entrambe lc djreztoni : ««pota»2Ú; ne la seconda dfcodfffi ne la prima ^co diin quanto í. „ l h iv1, Bieltate aW La prima si divide in íutUí* qu*w Ul^ meduri"^ ti mime 111 ái dei venu di owßi/njjoteüca (»emprc icrorriazione cKe di An «€»1 medicvali), ]g l>iliia, hippa la 1 >i it, w che ěU dimensione della possi ,aí»rrna virtuale da cui puó sví-',a r<^a. e Yatto, ü tradürsi del- •--11 LldUUl si «*■•«ě alt,* rea^ra«p'articoU-{'eduátur). ngUardo termine tecnico Ti.I DANTE ALIGHIERI. VITA NOVA due: ne la pnma dico in che suggetto? sia qucsta potenzia ne la semn^ dico si come questo suggetto e questa potenzia siano produtti in essere»l come l'uno guarda I altro" come forma materia'°. La seconda cominck quivi: Fallt natura. Poscia quando dico: Bieltate appare, dico come questa potenzia si nduce inatto; e prima come si riduce in uomo, poi come si ri-duce in donna, quivi: E similface in donna. j, in che suggetto: altro tecnicismo scola-stico (subiectum): in questa prima parte dice in quale soggetto (il cuore) sta la possibilitá d'Amore. 8. produtti in essere: vengano all 'essere. Siano creatj. 9. l'uno guarda 1'altro: l'uno sta all'altro (l'Amore al cuore). 10. come forma materia: altri due termini essenziali del vocabolario aristotelico: la forma ě l'essenza pura (l'Amore), che agisce sulla materia, sui soggetti partico-lari (il cuore), traducendoli dalla potenza all'atto. XXI. Poscia che trattai d'Amore ne la soprascritta rima1, vennemi vo-lontade di volere dire anche in loda di questa gentilissima parole2, per le quali io mostrasse come per lei si sveglia questo Amore, e come non sola-mente si sveglia la ove dorme, ma la ove non e in potenzia, ella, mirabile-mente operando, lo fa venire3. E allora dissi questo sonetto, lo quale comincia: Ne li occhi porta. 1. Poscia ... rima: ancora una volta, come nel capitolo precedente, la storia si svi-luppa a partire dalle poesie che in esse sono inserite. I versi, insomma, fanno or-mai parte integrante della narrazione. 2. anche... parole: le successive poesie per Beatrice (iJ sonerto di questo capitolo, Ne li fjcchi porta, e i due successive, Janto gentile e Vede perfettamente) si connetto-no cosi, dopo il precedente sonetto <> (l ,oIombo) ^ 5e, dunque, L /QpoTZeJI'ineCFabilita ě per CavaJcanti segno di tenzTgrngeiloAica>», atK- conoscitiva, e quindi anche di «sconfiua eskt^ 7.iiúe»~in Dante esso riappare capovoito di segno, «strumento di aútoan maziwie^pirhualc e di vittoru mvtaíisica» (Picone). II sorriso di niad I sotto ii cui segno si conclude quasi trionfahnente ii sonetto, pare orrnai vero queUo della Beatrice del Paradiso. C e pero un senso f'reschissim Í scoperta, di rivelazione, suscitato daJJa gioia di aprirsi all esterno- c e i ° spiro coraJe, un festoso riverberarsi della luce, deIJa beJJezza, deUa «.1 *' che promana daiia donna suiia scena rittadina <»/'ella passa. ^ [METRO:sonetto. Quartine: ABBA ABBA; terzine: CDE EDC. Questo schema .,.,,„ za di quattro identiche parole-rima (mira, gira, sospira, ird) ranno pensare che questo com-pommento costituisca una risposta al sonetto di CavaJcanti, Chi e questa c^j/«xjHcone). II Ne li occhi porta la mia donna Amore, per che si fa gentil ciô ch'ella mira; ov'ella passa, ogn'om ver lei si gira, e cui saluta fa tremar lo core, si che, bassando il viso, tutto smore, e d'ogni suo difetto allor sospira: fugge dinanzi a lei superbia ed ira. Aiutatemi, donne, farle onore. Ogne dolcezza, ogne pensero umile nasce nel core a chi parlar la sente, ond e laudato chi prima la vide. v. i. il iratto della presenza di Amore ne-gli octhi di madonna ě topos stilnovistico. v. i. «poiché Amore e gentilezza sono sempře Wtemc, ciô_che ellTguarda di-vienc gentile, chi un que la vede nesente l'cffct|o]yenetico>» (Barbi-MaggtnTf; analogs biiuazione si era vista nella canzone Donne ch'avete intelletto d'amore, ai w. vv. ovunque pans! mad kguardo dc|di uomim, e il t,L "ia irei..aii; u cuore • colui chiTITa satuta, cosi che egli, ab-bassando gli occhi 07 viso), impallidisce aattiralo "o pro-[<' con *re n cuore del tutto, e geme (per contrizione) pet ogni suo difetto (st duole cioe di ogm propria manchevolezza, di ogni propria peccato)». v. 8. a partire dalTepisodio narrate rid cap. XVIII (quando si riunisce l'uditorio al quale e poi diretta la canzone Donn* ch'avete intelletto d'amore, cfr. pp- 136* 141). Dante sempre piu spesso si rivolge al «coro» di figure fernminili che si aftol-lano dietro alia figura di Beatrice. v_ u. «pcr cui ottiene onore e beatitude c™ per primo lTia_contemplaja^ cioe> Per la nuggior parte dei corru^entalori, 1° stesso Dante (che l'aveva vistafornbina) DANTE ALIGHIERI. VITA NOVA 14 Quel ch'ella par quando un poco sorride, non si po dicer ne tenere a mente, si e novo miracolo e gentile. w 12-14. ilsorriso di Beatrice ědi natura so- raffigurarsclo mentalmente. Ě il motivo vruniana, ormai divinizzato {novo miracolo dclFincffahilitä, earn alia tradkione mistica egentile)- per questo l'umile scrivano terre- (e che riapparirä, noň"per casoTnel Váradi- stre si rrova aVnal partito a rendemc conto so: «vidi cose che ridire / né sa né puö chidi ai suoi lettori: e, ana, ha difficoltá persino a la su discende»: I, w. 5-6, cfr. p. 322). Questo sonetto si ha tre parti: ne la prima dico si come questa donna riduce questa potenzia in atto secondo la nobilissima parte de Ii suoi oc-chi4; e ne la terza dico questo medesimo secondo la nobilissima parte de la sua bocca; e intra queste due parti e una particella, ch'e quasi doman-datrice d'aiuto5 a la precedente parte e a la sequente, e comincia quivi: Aiutatemi, donne. La terza comincia quivi: Ogne dolcezza. La prima si divide in tre; che ne la prima parte dico si come virtuosamente6 fae gentile tutto ciö che vede, e questo e tanto a dire quanto7 inducere Amore in potenzia la ove non e; ne la seconda dico come reduce in atto Amore8 ne li cuori di tutti coloro cui vede; ne la terza dico quello che poi virtuosamente adopera9 ne' loro cuori. La seconda comincia quivi: ov'ella passa; la terza quivi: e cut saluta. Poscia quando dico: Aiutatemi, donne, do a intende-re a cui la mia intenzione e di parlare10, chiamando le donne che" m'aiuti-no onorare costei. Poscia quando dico: Ogne dolcezza, dico quello medesimo che detto e ne la prima parte, secondo due atti de la sua bocca; l'uno de li quali e Io suo dolcissimo parlare, e l'altro lo suo mirabile riso12; salvo che non dico di questo ultimo come adopera ne li cuori altrui, perö che la memoria non puote ritenere lui ne sua operazione. 4. riduce... de li suoi occhi: «traduce in atto questa potenza quanto a quella parte del suo corpo che sono i suoi occhi»: ě la dassica distinzione filosofíca tra «poten-za» e «atto»: attraverso gli occhi di Beatrice si traduce in atto la potenza ďAmore. J. e quasi donundatrice d'aiuto: «quasi chiede aiuto»: la parte centrále del sonetto e insomma concepita come un cancel-law di quella iniziale e di quella finale. 6. virtuosamente: «grazie alle sue virtú»; notáre la forma fae per la terza persona singolare del presente indicativo di fare. 7- £ tanto a dire quanto: vale a dire. 8. inducere Amore in potenzia... reduce in *«o Amore: i due latinismi {inducere: suscitare"; reducere: "tradurre") fanno parte del linguaggio filosofico, teso a sot-tolineare i vari passaggi di Amore tra la potenza e ľatto. 9. adopera: opera. 10. do a intendere ... parlare: «faccio capi-re a chi ě mia intenzione di parlare»: no-tare la ripetizione di parole simili intendere/intenzione (figura retorica della paronomasia). 11. che: affinché. 12. secondo due atti... mirabile riso: Dante specifica che son queste, quella del saluto (espressa mediante il dolcissimo parlare) e quella del sorriso, le 11 in / ion 1 della bocca di Beatrice che gli interessano (cosi come ave-va fatto nella divisione di Donne ch'avete intelletto ď amore [cfr. nota 18 a p. 142]). í na specie di Trionfo deUa Fa deUa Vita anche, collocata com'é ■ - i„n<7ä delia vit- -^.\,cc ancne, «^"—- e ( U canzone pufong ^ necc^ ^ a ce„,ro strumy •Sialuttuosa^con £ j, akrq ^ ^ ^ predl ; a tie >7ßf^.n......ene pero canzuin- ----c -„„.«n all am v- >• - „arŕ ľuno in ordine inverse., neUa prosa č il momento che precea q , e ^saeMnovelhMa^^o udltorlo fen^ ^discorsoAretto, da Dante stanze; •—Č3 ě dismbuitali materia neu Dante lnfermo senten\ verbo corrispondente) ricorra i*1 sei stanze deUa canzone, v. 4. pien di pietate: pieni di lactic T*-1 PANTE ALIGHIERI. VITA NOVA 10 e ascoltando le parole vane, si mosse con paura a pianger forte. E altre donne, che si fuoro accorte di me per quella che meco piangia, fecer lei partir via, e appressarsi per farmi sentire. Qua! dicea: «Non dormire», e qual dicea: «Perche si ti sconforte?». Allor lassai la nova fantasia, chiamando il nome de la donna mia. Era la voce mia si dolorosa e rotta si da 1' angosciadel_pJanto. SoMjlYH ch'io solo intesi il nome nel mio core; e con tutta la vista vergognosa ch'era nel viso mio giunta cotanto, mi fece verso lor volgere Amore. Elli era tale a veder mio colore, che facea ragionar di morte altrui: «Deh, consoliam costui» pregava l'una l'altra umilemente; e dicevan sovente: «Che vedestu, che tu non hai valore?» Fo&* vttM£ E quando un poco confortato fui, ~~ io dissi: «Donne, dicerollo a vui. Mentr'io pensava la mia frale vita, e vedea '1 suo durar com'e leggiero, piansemi Amor nel core, ove dimora; per che 1'anima mia fu si smarrita, v. 5. Ie parole vane: il mio delirio. v. 6. si mosse: comincid. w. 7-8. «Le akre donne si accorsero del mio sta to vedendo quella che piangeva per me»: cfr. sopra la nota 31; rimperfet-to piangia ě sicilianismo. w. 9-10. la fecero allontanare e mi si av-vicinarono per farmi rinvenire (cfr. Para-dtso, XXní, 49: «Io era come quei che si risente / di visione oblita*), w. ii-ii. «Non dormire»: «Svegliati»; Qual dicea ... qual dicea ...: chi di loro mi diceva... chi... v- 13- uscii dunque dalla straordinaria (nova) visione. 15-17- La mia voce era cosi dolente e spezzata^ dai singhiozzi {l'angosda del ßßaoto), che solo io stesso potei sentire dentro di me (nel mio core) il nome del-amata. -' w. i8-zo. malgrado 1'aspetto (vista) ver-gognoso che era apparso (giunta) tanto fortemente (cotanto) sul mio volto, Amore mi fece rivolgere verso di loro. w. 2i-2i. il mio colore a vederlo era tale (ero cosi pallido) che faceva sí che 1 presently čloé le donne che mi assiste-vano (altruť), parlassero (ragionar) di morte. v. 26. «Che cosa hai visto mai, da sem brare aver perso ogni tua forza vitale (va-loreJ?^ vcdestú; forma contratta per «ve-desli til». w. 27-28. notáre la rima siciliana altrui/ vui, anche in Donne ch'avete, w. 13-14: cfr. p. 138. v. 19. frale: fragile, v. 30. e constatavo quanto precario fosse il suo stato. v. 32. per che: per cui. FPOCA X LA CRISI DEL MONDO COMUNALE >, 34 38 42 45 48 52 che sospirando dicea nel pensero: - Ben converra che Ja mia donna mora. - 10 presi tanto smarrimento ailora, ch'io chiusi Ii occhi viJmente gravati, eruron sismagati / v 11 spirti miei, che ciascun giva errando; e poscia imaginando, di caunoscenza e di veritá fora, visi di donne m'apparver crucciati, che mi dicean pur: - Morra'ti, morra'ti. - Poi vidi cose dubitose molte, neJ vano imaginäre ov'io entrai; ed esser mi parea non so in qua! loco, e veder donne andar per via discioJte, quaJ Jagrimando, e quaJ traendo guai, ehe di tristizia saettavan foco. Poi mi parve vedere a poco a poco turbar Jo soJe e apparir Ja steJJa, e pianger eJJi ed ella; , cader Ji augeJJi voJando per J'are, i e Ja terra tremare; ed omo apparve scoJorito e fioco v. m- bisognerä purtroppo ehe anche madonna prima o poi muoia. v. j6. vilmente gravati: oppressi_da vjltá, nun. 1VV737-38. e i miei spiriti rimasero cosí in-j deboliti (šmagati é galfičlšTrio) che ognu- V. 40. «prrvo di conoscenza e di senso del \txo*TčSUHolcénza: torma di compro-ťfíBío tra ľetimologica conoscenza e la si-ciliana canoscenza (attestata dal notissi-mo lnferaoufXVl] 120: «seguir vi rtu u- t canpscenza»: cfr. p. 28|T. v. 42. la ripeuzione esprime concitazione («Morrai, morrai»). Si noti pure la forma media del verbo, morra'ti (con rima com-posta); pur ha funzione iterativa (conti-nuamente, ripetuiamente). Ľinciso, drammatico (anche in senso teatrale) ri' corda quello di un sonetto del cap XV ét mmcontra, ne la mente more neí ™i madüüna lit i ti 1 ~ " nUftflia íl aj^ion^elcap. Ol v. 44. II vano imaginäre ě il «fantasticart del ďelirio, in cui la mente si addentra e si smarrisce» (Barbi-Maggini). v. 46. disciolte: con i capelli sciolti, in segno di lutto. v. 47. traendo guai: lamentandosi (modo di dire usato anche in Inferno, V, 48 e Xin, 22); quad... qua!...: cfr. la nota aiw. 11-12. Cui, (cfr.p.J2i) - v. 48. fortissima immagine analogica («colpivano gli animi come f recce di do-lore cocente»), che rielabora un4 metafora stflnoystica (gli «spiriti» com^«ntc-ce», ad es. in un sonetto di Caxalcanti^^ tu, che porti nelU occbi sovente). v. 50. la Stella: sineddoche per «le stelle»! turbar ha valore mediale («mutarsi di colore*). v. ji. .Hi ed ella: «tanto il sole che le stelle»; tipico del volgare delle origini l'uso del pronome personale anche per gli °8" getti inanimati. v. 52. I'are: l'aria (contrazione obbligata dalla rima, ma attestata anche altrove, di aere). v. 54. l'«alcuno amico» delia prosa ricevc qui connotati spettrali; fioco ě detto pro- T*.I DANTE ALIGHIERI. VITA NOVA 56 59 61 66 70 73 76 dicendomi: - Che fai? non sai novella? Morta e la donna tua, ch'era si bella. - Levava Ii occhi miei bagnati in pianti, c vedca, che parean pioggia di manna, Ii angeli che tornavan suso in cieloT* e una nuvoletta avean davanti, dopo la qua! gridavan tutti: Osanna; e s'altro avesser detto, a voi dire'lo. Allor diceva Amor: - Piü nol ti celo; vieni a veder nostra donna che giace. - Lo imaginär fallace mi condusse a veder madonna morta; e quand'io l'avea scorta, vedea che donne la covrian d'un velo; ed avea seco umilitä verace, che parea che dicesse: - Io sono in pace. - Io divenia nel dolor si umile, veggendo in lei tanta umiltä formata, ch'io dicea: - Morte, assai dolce ti tegno; tu dei omai esser cosa gentile, poi che tu sc ne la mia donna stata, e dei aver pietate e non disdegno. Vedi che si desideroso vegno babilmente del colorito, ma potrebbe anche rifcrirsi alia voce con cui viene pronunciata la fcrale battuta del verso successivo. D termine sara ripreso in un passo famoso deil'Inferno, 1,63, a propo-jsito defl'apparizione di Virgilio («chi per lungo silenzio parea hoco»: cfr. p. 257). v. 57. e citazione da Salmo 120, «Levavi oculos meos in montes», ripresa in modo ancor piu preciso nel Paradiso, XXV, 38 («ond'io levai li occhi a' monti»). w. 58-59. la massa di ali degli angeli in ascensione e paragonata alia pioggia di manna del racconto biblico (la quale av-viene naturalmente in sen so inverso, ma e chiaro che_ l'impicgo dell'imrnagine non vuole avere nulla di naturalistico). w. 60-62. «tutta la scena e come un in crocio di Ascensione di CmftQ L-■■) t dl Assunzione» della Vergine (Gorni). Nel-1 ultimo verso Dante intende dire che l'invocazione Osanna non fu seguita dalle parole che, nel luogo evangelico (Mat-teo, 21, 9), sono esplicitamente rivolte a Gesu, e cioe «Benedictus qui venis!», "benedetto tu che vieni". Ma queste Stesse sono proprio le parole che a Beatrice verranno rivolte quando riapparirä a Dante (Purgatorto, XXX, 19: cfr. p. 313). v. 63. all'annunciatore scolorito e fioco del v. 54 si ě sostituito or a Amore in persona (ma ě apparizione solo della canzone, non della prosa). II suo awicinarsi a Dante, il suo mostrargli il corpo di madonna (coperto da un velo al v. 68), non puó non ricordare la visione del cap. Ill (anche la nuvoletta qui al v. 60 ricorda la nebula di colore difuoco che li ammanta-va il centro della visione: cfr. p. 127). v. 69. avea seco; aveva in sé. w. 71-72. come nella prosa, Xumiltä di madonna produce per imitazione quella del stiggetto; formau: impersonata, in carnattf v. 73. ti ttrgno: ti considero. v. 74. dei: devi; cosa: entita, v. 76. devi avere compassione e non disdegno verso di me. v. 77. desideroso vegno: mi viene deside- rio. So EPOCA 2 LA CRISi ucl d'esser de' tuoi, ch'io ti somiglio in fede. Vieni, che 'J cor te chiede. -Poi mi partia, consumato ogne duolo; e quand'io era solo, dicea, guardando verso Valto regno: - Beato, anima beJJa, chi te vedeJ -Vbi mi chiamaste aJJor, vostra merzede». 84 v. 78. io ti somiglio in fede: in verita (/« ykfe) per il jmo aspctto io sembrb gik morto. v. 80. consumato ogne duolo: ablativo as-so\utQx alia latina: «compiuta ogni ceri-monia funebre» (ma anche:-«consumato ogni lamento»). v. 82. Valto regno: il Paradiso, sed deUa gentilissima. v. 84. a quel punto voi (rivolto 0 donne) mi avete fatto rinveni/3^ bontá vostra. e' Questa canzone ha due parti: ne la prima dico parlando a indiffini^ persona* come io fui levator d'una vana fantasia da certe donne, e come promisi loro di dirla43; ne la seconda dico come io dissi a loro. La seconda comincia quivi: Mentrio pensava. La prima parte si divide in due: ne la prima dico quello che certe donne, e che una sola, dissero e fecero per la mia fantasia quanto e dinanzi che io fossi tomato in verace condizione44-ne la seconda dico quello che queste donne mi dissero poi che io lasciai questo farneticare; e comincia questa parte quivi: Era la voce mia Poscia quando dico: Mentr w pensava dico come io dissi loro questa mia imam-nazione. Ed intorno a cio foe due parti: ne la prima dico per ordine* q7e- grazio cniusamente47, e comincia quivi questa parte: Voi mi chiamaste. 41. a mdiffinita persona: senza rivolgermi a nessuno in particolare. 41. levato: distoho, fatto rinvenire. 43. e come ... di dirla: come promisi loro di raccontar la mia visione. 44- P« la mia fantasia ... condizione: a cau- M ddla mia fantasia prima che io fossi tor- nato in condizione di verita (doe capaceai distinguere il vero dal f also, in sentimente 45. per online: secondo le f asi del suo svolgimento. 46. a che ora: in che punto. 47- chiusamente: in modo chiuso, sen# specificare perché.