Canzoniere I Voi ch*ascoltate in rime sparse il suono (I) U sonetto iniziale del Canzoniere fu scritto probabilmente tra il 1349 e il 1350 e subito destinato ad aprire la raccolta. D carattere introduttivo del compo-nimento e dato, oltre che dalla confídenziale apostrofe ai lettori (Voi ch'a-scóltaté), dal fätto che esso si presenta come un compendio dell'intero libro, ripercorrendo lc tappe principaii di una trastormazione spirituále che va dall'amore giovanile per Laura al pentimento e alia scoperta delia vanitä ter-fena. 11 Canzoniere, dunque, si preannuncia come la storia di un individuo cRé, attraverso le disgreganti esperienze dell'amore umano, tende a recupe-rare e a ricomporre in unitä i frammenti sparsi della sua anima {Kerum vul-garium fragmenta ě appunto il titolo del libro). La forma del sonetto nella sua compiuta brevitä viene a corrispondere perfettamente all'idea del fram-deN'esistenza, che Petrarca riprende da Agostino {Confessioni, II, 1; X, n e 4o7xn, 16) eripete anche nei Secretum. Mo stesso tempo, il sonetto fornisce una struttura ripetibile a piacere, per giustapposizioni continue, in im insieme crescente; viene cosi a rappresentare in maniera adeguata la progressiva, ma mai definitiva conquista delľ unitä finale. La dispersione psico-logica e la ricomposizione sempře cercata ma mai realizzata, sottese a tutta javicenda psicologica del Canzoniere, diventano cosi procedimenti stilistici, iroponendo un programma di scrittura: quello delle rime sparse, della se-quenza lirica dove coesistono il frammento e il libro, la divisione e ľunitä. r fljongtto I preannuncia, a posteriori («e dovrebb'essere epilogo», notava ^ducci), i'evoluzione dell'inciividuo dalľerrore al pentimento: ma non ri-ittchia in maniera coerente lo sviluppo del libro, che, lungi dal celebrare ľäv- tutto una commemorazione del giovenile errore. II *Wmw, qual e organizzato, non dá, perciô, prova del cambiamento süasos m ^arte^truom cn'i' s°no>>»v- 4). masta a indicare nella tonzaun irrimediabile stato di aüenazione - lo stato di un «io» diviso tra sconrjtte, che non puô mai avere soddisfazione, sempře perdente. Introduzione e compendio del Canzoniere La forma sonetto I frammenti e il libro Dalľerrore al pentimento EPOCA x LA CRISI DEL MONDO tt)^ tnr* no . ,«i«re sapicntemcnte il contenuto secondo U U sopetto b'P""'X rostituiscono un solo periodo, com, Nb m«ric: lc í.erzine approfoodiscono ^ " ÄľSÍL morale, muoveodo dal caso p£K< ^ri'ZZ U m dSe morale, muovendo dal caao ;;;;::i,;I!,;:;:rted1.u..igi.uommi. pwi« ----- fFDtzroNE. Francesco Petrarca. Gmzomiw. testo critico e introduzione di ,, innot i7i.Mii Ji D Ponchiroli, Einaudi, Tonno 1964] V C metro: schema ABBA ABBA CDC CDC. Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono di quei sospiri ond'io nudriva '1 core in sul mio primo giovenile errore 4 quand'era in parte altr uom da quel ch'i' sono, del vario stile in ch'io piango e ragiono fra le vane speranze e '1 van dolore, ove sia chi per prova intenda amore, 8 spero trovar pieta, nonché perdono. Ma ben veggio or si come al popol tutto favola rui gran tempo, onde sovente di me medesmo meco mi vergogno; w. 1-4. «0 voi che ascoltate in una serie di componimenti volgari (rime sparse ě tra-duzione ill Rerum vulganum fragmentů) le parole (il suono) di quei sospiri di cui io aliment a vo il cuore n el tempo del mio gio-vaiule snwnmento, quando ero in parte un uomo uWrso da quello che sono». II poeta qui si nŕensce all amore per Laura. I wocaijvo iniaale Vo$ é awoluto, senza lorda I'aitacco di un joncrTb'di umí Yi,i per U mihl mi 7 tat. \ 9, mio, era, ľ), che sotto 11 egocentramo di quest* poe*ia, rui ******* r*^ufu c 1 moti del mm In le vanc nu,Unicn«o « MB* M „ H e " v*»<> do m mu** .....|c| I Jľfľ mmmU COM li 1 Hue Pctrax chesco, esprimendo, in una sorta di o diadi, la perfetta equivalen/a~dTpôc$iif vita. La struttura bimembre eTinŠItřc.r. corrente nel Cartzoniere, il cui gio si articola in opposiztom o c zioni 111 diversi ^r.uh e misurc (comt f mostrano anche gli altn versi della * conda quartina): in essa si puô vttlec pure un segno della radicalc spacott-dell «io», tendenzialmente sdopj** La ripenzione vane I van, nechej dal vaneggiar del v. 11, enfalÍMtl,ť* iralita tematica della vanita ten**1* Canzoniere, spero, chc nprenoe >fv del v 6, ta della proiczionc ^rv> ' ro, quuuh del nituio del pH*1 londiztunc di ba^c del uvcíc w. 911, »Ma vedo laoč cěp*® oniui chc sono siaio * luwjo r*r te oggcttu dt deroione {favok)> ftpcuo mi vergogno di mc nel m10 mo». 11 mj chc apre la prima terflfl* Kna un nen< prezente da ircOtlo rao della /- al 10 itamento d^Pfíí ^canevoc^ ncnÍTXíBf5 -■* ^ANCESCO PETRARCA. CANZONTERE 4«7 14 e del mio vaneggiar vergogna ě '1 frutto, e 'J pentersi, e '1 conoscer chiaramente che quanto piace al mondo ě breve sogno. esprcssivo e ricaJca un «fabula... fui» di OranoJEpod,, XI, 87, sebbene il sintag-fnaTcne ntorna nd Secretum, si trovi anche in altn autori latini. Uallitterazione delia m- al v. 11 punta nuovamente il ri-flettore sulla vicenda individuale con ef-ferto di vaga ossessivitá. W. 11-14- «e la mia vergogna é frutto del mio darmi alla vanitá (la cura delle cose vane, qual é ľamore), cosí come lo sono il penrimento e il capire con certezza ehe i piaceri mondani sono brevi sogni». Ľ ultima terzina, ricollegandosi al v. 6 e al v. u con la pun tu ale ripresa di concetti essen-ziali come quelli di «vanita» e di «vergogna», chiude con un crescendo il sonetto, ehe culmina nel disincanto delia conside razione finale. Nella parola sogno conflui-scono per assonanza anche il suono del v. i e il sono del v. 4: e ciô contribuisce a sottolineare ulteriormente la relativita di ogni valore terreno. Per fare una leggiadra sua vendetta (II) U secondo sonetto del Canzoniere ŕu composto certamente príma del 1356-1358, ma la datazione predsa non é accertabile. É, tuttavia, probabile ehe esso sia stato seritto dopo la morte di Laura. II poeta risale al momentó del suo innamoramentó, quando Amore, cogliendolo impreparato, dopo mol-ti assalti falliti, riuscí a colpirlo con una delle sue frecce e, cosí, a vendicarsi defínitivamente delia sua riotroska, senza permettergli né di difendersi né di cercare scampo. II sonetto, privo di un vero e proprio sviluppo, corrisponde alľinizio delia storia amorosa e comporta perciô un tono molto diverso rispetto al com^nimento iniziale. Prendendo le mosse dalľeffetto delle premesse mfficíte nella prima quartina (ľassalto d'Amore), esso puô comunicare Salettura il senso di una retorica troppo artificiosa e seoperta, molto lon tana da quella solennitá meditativa del primo sonetto: ma trova una sua necessita nel quadro delia vicenda psicologica, del «romanzo» ď amore di ^ documenta le prime mosse. «£1*0: schéma ABBA ABBA CDC CDC Per fare una leggiadra sua vendetta, e punire in un dí ben mille offese, Contcnato del sonetto W ** ^er compiere la sua bella (leg- in una volta de] rJ"^*1* ^9ô£l!? continue resistenze ^Ugli.assalti amorosi, di clu si Retorica delľ«assaito d'Axnorc» paria anche in Canzoniere, XXIII, 5-6 («cantero com'io vissi in libertade, / mentre Amor nel mio albergo a sdegno s'ebbe»); leggiadra puô riferirsi alla bel- Canzonierc 292 Gli occhi di ch'io parlai si caldamente, et le braccia et le mani e i piedi e '1 viso, chc nťavean si da me stesso diviso, et fatto singulár da 1'altra gente; le crespe chiome d ór puro lucente e '1 lampeggiar de 1'angelico riso, che solean faře in terra un paradiso, poca polvere son, che nulla sente. Et io pur vivo, onde mi doglio et sdegno, rimaso senza '1 lume ch'amai tanto, in gran fortuna e 'n disarmato legno. Or sia qui fine al mio amoroso canto: secca ě la vena de 1'usato ingegno, et la cetera mia rivolta in pianto. n 14 Co. Dopo Wilkins 1951, pp. 101-5, nessuno piu contesta Tipotesi chc il soncrto chiudcsse la redazione Correggio (cf. Quaglio 1992, p. 221. SdNta^aia 1992, pp. 197-98); controversa, invece, ne ě la Jatazione. Una volta riconosciuta Tinfondatezza del legame (se-gntlato, con argomenti diversi e con vario grado di convinzione, cla Cochin, p. 130; Phelps, pp. 163-64; Chidrboli e, soprattutto, Ama-jro 1980) tra il v. 12 "Or sia qui fine ..." e la postilla, relativa ai sonn. 77, 78, "dum volo his omnino finem dare" di V2, c. 7r (Plh c portcrcbbe a una datazione intorno al 1 i57-58, non re-tcncrsi a un areo cronologico ampio, dal 1348 al 1 rroborg la data 1348-51 indicata da Ponte, sulla scorta di fll,p. 352). Va sottolineato con Gorni 19781, pp, 171 -1992, p. 221 comc il Can/ouicrc m dmula con la iontu, 3 aonneo dalla sua prima redazione sino a Ma. dovt KM tanto e introuotta Id | mmom alla Verginc. li va purc rilcvato conie anenc u soucitu oi i hiusura i i<>4> dclla scťmida ictLi/ionc 11 n 1 sia un těsto imoerniato sul nhuin dt-IL iu^ia i JjC 1158 Parte seconda 292 Sonctto su 4 rime di schem* adda at,~ condivide la tonica con T í 1 7 ABBA CDC DCD; A {-ente) rima "viso" : "diviso" (2, 3) * C°nSU°na con D Unto^ "cca la BIBL.: Amaturo 1980; Quaglio 1992. 1. PARLAI: nei miei versi. □ CALDAMENTE: cf. 217 2 «(i)n si fervi-dcrime (e rimandi 1 awprkir. «l ~ iltX . umwicrvi cjf,nfnřloiin ^Mavverbio, bapax del Canzoniere, ě attestato soltanto e gla nd Frescobaldi (Dino), v. 6 del responsi™ AI vostro dir, che d amor mi favella" (Quaglio 1992 p 230) 3 MAVEAN ... DIVISO: "rapito a me stes'so, tratto řuor di me stes-so (Leopard:): cf. la n. a 23, 19 e Afr. V 640 "lumina que michi me abstuJerunt curasque minores!". 4. SINGULÁR: 'diverso' (da intendere in senso negativo, come 'solitario, che fugge il consorzio umano'): cf. le nn. a 17, 4; 72, 9 e 169, 1-2; questa lettura giustifica il rinvio di Quaglio 1992, p. 221 ai w. 8-9 del son. 1, con significativo richiamo tra inizio e fine della raccolta. Una intcrprctazione positiva, in linea con Inf. II 105 "chusci per te de la volgare schiera", forniscono, ad es., Zingarelli e Amaturo 1980, pp. 34-35; in questa prospettiva si colloca anche il parallelo con Secr. III, p. 142 "in me autem singularia quedam šunt" (Fenzi 1992, p. 364). 5. le CRESPE ... lucente: cf. 160, 14 e rimandi, in part. a Cino, Disio pur dt vederla 4 "e '1 bel color de' biondi capei crespi". 6 e 'l LAMPEGGIAR . RISO: "la bocca sfavillante di grazia sopran-naturaJe" (Quaglio 1992, p. 227): cf. TM II 86 "ch'io vidi lampeg-giar quel dolce riso"; Purg. XXI 114 "un di nso dimo- strommi"; il sonetto attribuito a P (Sólem CCX) Vostra belta, cb al mando 2 "e '1 dolce lampeggiar del chiaro volto 7. FARE...PARADISO: cf. Boccaccio,Uatnonpotei4 Miquesta.che iin lerra un 8. polvere: cf. tr*< " « , i /„„"• TM 11-2 "Quella leggiadra... donna / cn e ogg. tel"" ««-KHe. senza vita (d vivente nťě in lerra un paradtso (v. 8 ^ 1 angeuc kk ( ZTé 294 12 e rimandi; TT120 "fin che v'i no ampocapolve"; TMI 1-2 "Q^^"^ pocaterra". QCHENU.LASENTE: .nsens.bde, senza ě"sensibilterra",22,16). t-mrcf. 331,47-48 '...« 9. et... v,VO: nonostante la mor** Uu* ^ ^ ^ non poca terra il mio ben přeme, / . ^ Umemo (|; Mťsen. třeme"; in entrambi i tesu «8«f " " „„,„ nequc adluu homines 210 sulla mořte del 8*1* Uuro. i ÍOMi otravě ,ucemque 1 V* > - "■" ' so Monte Andrea, i eo P° dolente!».Q ONDE: del m.ov,vere r me 1159 Canzoniere 10. RIMASO... TANTO: cf. 348, 11 "et io son qui rimaso ien , cieco" (e rimandi); 359,24 "che son rimaso in tenebre e 'n m et 11. FORTUNA: 'tempesta': cf. 272, 12. □ DISARMatO: s^z ****** ne e alberatura: cf. 235, 14 "disarmata di vele et di governed ^ 12. AMOROSO CANTO: cf. Purg. II 107-8 "memoria o uso al' roso canto / che misolea quctar [cf. v. 7 "che solean fare in terr ^ tutte mie doglie" (Quaglio 1992, p. 227). - 1 13. SECCA... VENA: cf. Guittone, O Jo/cé> tem* aretina 46 M /W quasi la vena" (ed. Contini 1960,1, p. 222) e Cino, Su per U** sta (in morte di Dante) 5 T penso chegli scarsi / a la giustizia . 8. i I Migiovande. □ PENSIER' amorosi. □ NOVIE 'NFERMI: 'nan da poco e mai prima provati e, per di piu, instabih (1 instabihta dclla passione derivadalh sua irrazionalita). 9. FOCO: denota nello stesso tempo Laura (cf. 182, \2e rimandi) e l'amore da lei suscitato. □ e X COPRE MARMO: cf. 306, 3-4; 125, 23-24; 326, 3-4; 331, 47; Epysl. I 1. 6! 62 "flammi farOM wnit. m muJo cessere faviJJe. / Nunc breve mm* babet Urn** ^ mmignes- Afr. V 641-43 "Candida frons ... / ... abd ra s*XOI sta- g ' { v \rr 2 ,/« sub marmore parvo /En pater hie bit ,^Jto ; Fam. ^I'^rgnZ repiiffio, probabilmen-patne spesque saiusque lacent , ct. ancnci * X , f te di P., "cuiusdam prepotentis sed permciosi roman, , /« A«>r ra- Canzoniere hies * "Multa sub hocpatvo clauckintur carmina saxo* (ed. Pi2Za. miglio, p. 98); fra i precedcnti classici cf. Properzio, II 1, 72 Met breve in exiguo marmore nomen ero" e Marziale, X 63, 1-2 "Marmora parva quidem sed non cessura / ... Mausoli saxis" (per i pro-blemi cronologici ccinnessi alia sua conoscenza da parte di P. cf. lmtrod. a 360), anchc sc Dc Robertis 1995, p. 143 fa notare che Q "valore occlusivo" del sasso o della pietra tombale si delinea nella tradizione a partire dal "saxum" del sepolcro di Cristo di Mt 27, 60; 28, 2; lo stesso De Robertis indica come possibile fonte di P. l'e-pitaffio in distici per una cagnola francese "quam nunc sub parvo marmore terra tegit" (CIL 6. 29896). 10-11. CHE SE... VECCHIEZZA: "se l'amore per Laura avesse potu-to svilupparsi sino alia vecchiezza d'entrambi, come ad altri poeti [o ad altri amanti] gia e awenuto, allora ..." (FenziY, Chidrboli, in-vece: "se Laura fosse vissuta sino alia vecchiezza, come e awenuto a me {altri)" \ il contesto impedisce di intendere "fossi" come prima persona: cf., fra gli altri, Ponte: "fossi andato crescendo". 12. ARMATO: cf. 125, 27-29 "Dolci rime leggiadre / che nel pri-miero assalto / d'Amor usai, quand'io non ebbi altr'arme". □ D'OGGI Ml DISARMO: 'di cui oggi mi spoglio (rinunciando al canto)': cf. E4,2 "de l'usata humilta pur mi disarmo" \ rilevante l'oppo-sizione per annominatio. 13. CANUTO: 'maturo' (opposto alle "rime ... scarse" della giovi-nezza). 13-14. AVREI FATTO ... DOLCEZZA: cf. 135, 71 "ch un cor di mar-mo a pieta mosso avrebbe"; 286, 13-14 "per la dolcezza che del suo dir prendo, / ch'avria vertu di far piangere un sasso" (con il ri-mando a Cicerone, De orat. I 57, 245); 294, 7 "devrian de la pieta tomper un sasso"; 359, 70 "con parole che i sassi romper pOQJDO*; Virgilio, Eel. X 15 "... et gelidi fleverunt saxa Lycaei" e il pianto dd mood per la morte di Euridice ("flerunt Rhodopeiae arces altaque Pflngaefl") di Geor, IV 461-62 (cf. Gardini, p, 140, che attega Fam. • 111 10, 25 "Non si... Orpheo dulcius flebilibus adlyram querimo-nus saxa permukeam, ujujuam michi redibit amicus meus*),