EPOCA % LA CRISI DEL MONDo Qq^ Ull to 14 ralnr vo cerchand'io, ]a disiata vostra forma vera. Št» -stridente io talvolta vado "Sit nel volto delle akre la vostra íjn attenta lettura delia poesia mosra ehe il paraUeĽsmo tra iJ viaggio del pelle-grino e la ricerca del poeta poggia su una sottile coppia simmetrica, ancora piu ar-dita di quanto appaia a prima vista. Se la Veronica prcrigura Li visione di Cristo in cíeío, la vista delle altrc donne non ě nep- pure lontanamente vicin tii laura m terraľT"nsní^-i-all dunque, tra la umani di Laura, da una sione di Cristo e il volto tra. Petrarca, perciô, di spostato la rcaliz/azione tutta in terra~ěTcoýf, di~a una volta" aJ profano~gIi a, cro. lIparticipio^Jri^jMdí del v. 9; forma vera allude a m, Jn " *t dely. 9;/™^aiiudeaqUelr>, creduta 1 etimologia di Ver0 ■ ^ icona, vera immagine di Crista ^ tempo stesso il volto di Laura a^S volto ě cosi assimilato con tico di Cristo A qualunque animate alberga in terra (XXII) La prima delle nove sestine comprese nel Canzoniere costituisce un omag-gio all'inventore di questo tipo di componimento, Arnaut DariiarělIIa šestina di Dante Alpoco giorno (per cui cfr. pp. 179-182), con cui condivide mold spunti tematici e stilistici. Essa dovrebbe appartenere al periodo"avi-gnonese (prima del 1336), ma senza escludere revisioni e interventi succesá vi piuttosto consistenti. L'esperienza amorosa viene qui fissata, attraveisoil susseguirsi delle parole rima, come qualcosa di assoluto, come un trough re segnato dal ritmo ripetitivo ed inesorabile del tempo {giorno, A), dal 1 incombere vigile degB astri celesti (sole, stelle), dalle forme delia nátura ter-restre {terra, selva): dal confronto tra la quiete che nella notte ě concessaagli %*™T ^f"™*™* <*e agita continuamente il poeta (OTc* mutooni date daUo scorrere del tempo), emerge ľimmagine delia donnae Sľvľn JFv PreSeme neUe albe> c^Ponimenti molto diffusi f ÄSÄd' ľľ qU1 C ě qUalche eco) ^ con tanta maggio^ Hd^tf^T la.pr°Pria i'nmediabile impossibilitä. der^i diXa'i tra Ír"" £ donna e riscattare con un solo riornoST?0 ^ nd- e sue Ud^ « *-« con on ^T^^^ , II desideno si spinge ad immaginare una sola notte senza fine b» Jlra.a: ma contempla anche la possibiütä negativaTe k dönT'm „„fonnita al «o nome, sfitgga al suo abbraccio come Dafne adA J- ]0i trasformandosi cioe in alloro. ^ 7, Jj'congedo afferma con recisa nettezza l'impossibilitä di ogni realizza- zione di quel desideno. ^o: sötina regolare, con le sei parole rima {terra^ole, giorno, stelle, selva. alba) che flsuccedononelle sei *.«n«»rr^fm^ftnjI[^r, .....j(|{ |n.....> ufiTTiTTLiL f «ssione neJ congedo (cfr. GENERI E TECN1CHE, tav. 15). A qualunque animale alberga in terra, se non se alquanti ch'änno in odio il sole, tempo da travagüare e quanto e '1 giorno; ma poi che '1 ciel accende le sue stelle, quäl torna a casa e qual s'anida in selva per aver posa almeno infin a l'alba. Et io, da che comincia la bella alba a scuoter l'ombra intorno de la terra svegliando gli animali in ogni selva, non 6 mai triegua di sospir' col sole; i4. «Per qualunque essere arumato ■ vwt will* terra, tranne aJcuni pochi •il sole (gli animali notturni), Ü 1 ddJ'afiaucarsi (e del soffrire) du-dura il giorno; ma dopo che il lerne stelle, c hi torna a ui 1 vurnah dornest ici) c < Im m naston f« boichi (gjj animali selvatM;, I*"' almeno fino allalba«, la scsiina 1(k subito avvio Ja un contrasto tra il rlaW/iiiil/^-J^r'J.af. 10) dei oiomo f Ii ftr? M che iüJ1 *»' '?IH5^ecooc^ada|kiio«e. . 7'iT^ io quuldo la bella alba co Qa ad aUontanare l'ombra dalia terra, svegliando gli animali nei boschi, non ho mai tregua dei miei sospiri durante tutto ü giorno; poi, quando torna la notte. piango e desidero il giorno». Lapcnu« i-11 Jj Ui) UIHII II ai iOfp t,ocia ma una notte di lacnme e dianeu-stesso giorno che rcpUcherä il torment 15 20 25 30 EPOCA X LA CRISI DEL MONDQ DOi quand'io veggio fiammeggiar le stelle vo lagrimando, e disiando il giorno. Ouando la sera scaccia il chiaro giorno, e le tenebre nostre altrui fanno alba, miro pensoso le crudeh stel e, che m'anno facto di sensibil terra; e maledico il di chT vidi 1 sole, che mi fa in vista un huom nudnto in selva. Non credo che pascesse mai per selva si aspra fera, o di nocte o di giorno, come costei ch'i' piango a l'ombra e al sole; e non mi stancha primo sonno od alba: che, bench Y sia mortal corpo di terra, lo mio fermo desir vien da le stelle. Prima ch'i' torni a voi, lucenti stelle, o tomi giu ne l'amorosa selva, lassando il corpo che fia trita terra, vedess'io in lei pieta, che 'n un sol giorno pud ristorar molt'anni, e 'nanzi l'alba puommi arichir dal tramontar del sole. v. 14. «le nostre tenebre recano luce ad altri, cioe a coloro che vivono agli anti-podi»: un richiamo dubitativo all'esi-stenza di popolazioni agli antipodi si tro-va nella canzone L, Ne la stagion, v. 3: cfr. p. 480. v. 16. di sensibil terra: «di terra che sen-te»: indica la fragilita e Iadipendenza cjai sensi delluomo, seguendo l'immagine biblica per cui esso fu creätoVe- limo terrae, ucon il fangodella terra", w. 17-18. «e maledTco il giorno in cui vi-^JlioIe(cioe il giorno della mia nascita) Uqualeii soMmostra che il mio aspet-to e queüo di un uomo cresciuto nelle m un'altra šestina [An,t tre di m parte) Petrarca si indi- ^olitudine del nl "0n Piu la P«ce la Inn POeta> 7 11 luo«o in cui si a-dopPlacoppia«din0cteo di giorno», e «a l'ombra ejl sole»L. me a quella succe_ssr^ajÄoj^ alba»), fissa la presenza di Lauras: mente del poeta nella ripctizioneira. del ciclo temporale. ~~" w. 22-14. <r 0l una nocte e mai non fosse f Iil ťnon se transformasse in „~ j a; a^ol7i- rf-; le helle trecce prese...», w. £05. pp. 182-187); che il vT}! richia-m celebre immagine di Catullo, 7-8 («quam sidera multa, cum tacet / furtivos hominum vident amo-, 'tante stelle quante, mentre tace la vedono i furtivi amori degli uomi-2Lehe i w. 34-36 si richiamano al mito : Apollo eDärhe (uno dei consueti era-řanTčll Laurä~ = lauro), identificando on Dafne e scongiurando la pos-m& che, qualora il poeta possa averla -'■i ella non si trasformi in un lauro terde selva) per sfuggire al suo ab- braccio, come appunto fece Dame, quel giomgjncuiera inseguita da Apollo (ma questa ídenuficazione^LauřTčoh Dafne ě immediata: ě come se Laura stessa fosse sfuggita all'abbraccio di Apollo). v*- 37-39- ljrnpossibilitá di realizzare quella notte^ d'amore viene sottojineata dalla figura retorica útAťaJynaton (pre-sěntazione di cosa impossibile), replicata due volte. Non ě perö facile c'apire cosa Petrarca intenda quando dice che sarä sotto terra in una secca selva: per Santa-gata essa sarebbe opposta aü'amorosa sel-va del v. r6 e «mdiefaerebbe un lüogo in-fero diverso da queilo occupato dagli in-namoraa, prosoetm^tfo »n tal modo un evento ing*1'g*«hile. vale a dire che il poeta possa morire non amando piú la sua donna»;Jp stesso critico suggerisce questa parafrasi per i tře versi: «e piuJa-cile rhriomv™» «™ Piu e~cne léstaiěTErďníno in pieno giorno, piunosto che Laura si conceda al mio desiderio». Solo e pensoso ipiü deserti campi ^ (XXXV) etto (su cui Cfr. LETTURE CRITICHE, pp. ^fj^^ ei 1337 e inserito nella prima, provvisona raccolta c. h g. ^ierneda Petrarca, fissa i tratti delPamante nefle ca aten. t JOS** sofferentee scomroso, < he, incapace d. . cl< s •« ^^alluQghisperduti per sA^M" f^Ss^Lkmt. ^^S^3^ih^rsi dal türme.».»■ k . sua ^ ^ f;-;rge un soggetto poetico e amoroso cSifcntinid. ^Preso nella solitudine del proprio amore, ha carattcn