DANTE ALIGHIERI. VITA NOVA XVII Poi che dissi questi tre sonetti, ne Ii quali parlai a questa donna1 I erö che fúoro narratori di tutto quasi lo mio stato1, credendomi tacere e non dire piú pero che mi parea di me assai avere manifestato3, awegna che sempře poi tacesse di dire a lei4, a me convenne ripigliare matera nuova e piú nobile che la passata5. ETperö che la cagione de la nuova matera ě di-lettevole a udire6, la dicerö, quanto potró piú brievemente. i questi tre sonetti... donna: i tre sonetti cjd capitoli XIV, XV e XVI sono infatti gli unici, nella Vita nova, che si rivolgano direttamente a madonna. 2. pero che ... stato: dato che narrarono quasi completamente la mia condizione. 3. credendomi tacere ... avere manifestato: «ritenendo giusto tacere e non scrivere piú, dato che mi pareva aver assáí mbstra-to all'estemo i miei sentimenti»: con questa frase il congedo prcso da Dante- nci confronti della matera passata ě compíuto e definitivo. Lepisodio del gabbo e la_raf-finatissiina, vibrantě autoanalisi che ad esso e stata tatta seguire hanno cosuhlito un termine estremo e non superabile jdel manifestare se stesso, in versi e in prosa. Ora, Dante deve cambiare stile. «Aveva parlato assai di sé, e parlato, inoltre, sempře a madonna [...]; il suo, piú che un bi-sogno di veritá [...], era il tentativo di ot-tenere qualcosa, di mutare qualcosa, e ad un tempo una specie di compiacimento del proprio stato [...]; la stessa beatitudi- ne del saluto appariva come un privilegio suo, si risolveva in esaltazione di se. [...] Ecco dunque il silenzio: segno di una via senza uscita» (De Robertis). 4. awegna ... a lei: «sebbenc cessassi di ri-volgermi direttamente a madonna». una scelta radicale, quella del poeta di conti-nuare a dire ma senza piu rivolgersi a'ma-"donna che- anche sul piano grammatica-le, per cosi dire, sancisce la nuova mate-^ ra, mettendo in crisi il consueto circuitOj retonco della poesia cortese intesa come «poesia-comunicazione». 5. a me convenne ... che la passata: la matera sara la chiave d'accesso a una nuova poesia, nuovamente e piü altamente (nuova e piü nobile) diretta a madonna ma, come si e visto, senza rivolgersi di-rettamente a lei e senza esprimere direttamente il proprio stato d'animo. 6. h dilettevole a udire: la scelta della nuova matera non si motiva solo per la detta e ribadita necessitä, ma anche per il di-letto che la sua narrazione puö donare. XVIII. Con ciö sia cosa che per la vista mia molte persone avessero compreso Jo secreto del mio cuore1, certe donne, le quali adunate s'erano dilettandosi Tuna ne Ja compagnia de l'altra, sapeano bene lo mio cuore, pero che ciascuna di loro era stata a molte mie sconfitte2; e io passando ap- i. Con cib... mio cuore: poiche attraverso il mio aspetto molte persone avevario ca-piro cosa realmente avessi nc-lJ'animo (ma nei precedenti capitoli, qui non ri-portati, Dante aveva in ben due occasio-ni dissimulato la sua passione nei confronti di Beatrice mediante due «donne-schermo», facendo sorgere delle chiac-chiere, che avevano indotto Beatrice a negargli il saluto). 2. certe donne... molte mie sconfitte: «al-cune donne che sohtamente si riunivano in compagnia, conoscevano bene il mio sentimento, avendo presenziato a molte delle circostanze che avevano determinate il mio scacco nei confronti di madonna*. Sono quelle stesse donne che - riu-nite allora in cerchia piuttosto malevola - avevano ordito il «gabbo» del cap. XIV: appaiono ora trasformate in un «circolo di attenzione» (De Robertis) at-tento e raffinato («un pubblico tutto nuovo, insomma, una scoperta mitica d'indubbia rilevanza sociologica, che press, ,1, I..... s, ennu; cl, I- ^ ^^X^Z^^ S Zdi donne I a donn, c;hc m ^ /( Ioro, e vidi ^ £ SÄlS S donne e«no molte tra le qu.li n avea certe Z' d n loro. altre v crano ehe mi guarclavano aspettando ehe ,0 M Z altre ver.no ehe parlavano tra lorn*. De le qnaJ, una, vW do h sno, ocehi veno mc c ch.amandomi per nome, d.sse queste P*™*.** che fine ami tu questa tua donna, poi che tu non puoi seltenere la sua pre-«enza> DÜIoci, che certo lo fine di cotalc amore conviene che sia novis* mo»" E poi che m ebbe dette queste parole, non solamente eIJa, ma tut! ľaltre cominaaro ad attendere in vista la mia risponsione". Aüora dissi queste parole loro «Madonne. Io fine del mio amore tue giá lo saJuto di quei sta dorrna, forsc di ciu voi inrendete. e in quelJo dimorava Ja beatitudine, che era fine S tum Ii miei desideni" Ma poi che le piacque di negarlo a me, lo mio segnore Amore, la sua merzede10, ha posto tutta la mia beatituding m queUo ehe non mi puote venire meno»". Allora queste donne comincia-> paHarc tra íoro; e si come taJora vedemo cadere ľacqua mischiata dj la neve. cosí mi parea udire le loro parole uscire mischiate di sospiri12. £ p« che aJquanto ebbero parlato tra loro. anche mi disse questa donna chc duraturo in tutta la sto- owero nella sua trasfigurazione in loda Dtlloci: diccelo. T in\ hnun* mcn4ío cominciaro ... rísponsione: «nel lom If dslb fortuna. cap,taro per .«petto onu u, L U1 s| lrovava ja f ° r^Ua iaana: aI«S!?ľ 4**° ehe esso (i| MA,,J4 ? °«ru "»o doidcrw. i Cra tlr-PrcťerUn»A\ 141 not* I aJ rscono *°»pin ehe v" «ui acqua (prea ^ parole, e la ^Pagnano) Anch XX.i PANTF ALIGHIERI. VITA NM IVA m'avcn prima p.u l.no. ,|ium.' parole: «Noi ti pr< -ghiamo < he tu nr <\\< hi rive sta qucsta tim bcatitudine- I .1 io, rispondendo lei, dM COUPIO* "In queue ptrofc rhc lodano la donna mia»'4. Allora mi rispuose quest i che mi pariava: «Sc tu nc diccssi vcro, quelle parole che tu n'hai dmr in nnnfi cando la tua condizione, avrcstu operate con altro uitendimentoVV ()nde pensando a qucstc parole, quasi vergognoso mi partio da loro, e venia Jicendo fra me medesimo: «Poi che e tanta beatitudine in quelle parole che lodano la mia donna, perche altro parlare e stato lo mio?»l6. E pero pro-puosi di prendere per matera de lo mio parlare sempre mai17 quello che fos-v loda di questa gentilissima; e pensando molto a cio, pareami avere im presa troppo alta matera quanto a me'8, si che non ardia di cominciare; e cosi dimorai aJquanti di con disiderio di dire e con paura di cominciare19. in questo caao, echi volgari ida Cavalcan-o) B roodono con echi scritturali (Isata); ma la magnifies immagine resterä cara a Dante sinn alia *r»etrosa^ Amor, tu vedi hm rhr qur\ta donna, w. 31-36, e al Pur-gateďto, XXX, 97-99 íefr. p. 317). iy coia/ito questo, sol tanto questo. 14 - In quelle parole ... donna mia- c que-la dccjMva dichiarazionc di poet km. c itktalc Jd pocta* pomte, chc-glilI stessi di- ked ta di La hra/ttuJi naedc neue paruU. neue poewe, chcgl ikpira 1'amore prr mi If «Sc tu inirndin cendo la vent a aiiora quel venu che hal mtiOo rmdendo pubouca Um notificsn do la tua loudi/juttc. k JVíoU 'J* restů, coo po»po&txftaoe del pronome iii ope/a Lun al jpjd akso tiocjii lo 6* '^jutinj) La cnoca lie. pur bcxjcvoJ n*crjtr ■uomho Ir donne fenuli a Dan c <£ bHu Iriin *xu. C inajajjjf ob- J It 16. perché altro ... lo mio?: «perche ho parlato in modo diverso?»: la critica del-le donne induce Dante .1 una travagliata riflessione sulla propria trascorsa espe-rienza poetica, che si consuma pero non piú nel dialogo con le gentili interlocutri-ci, bensi nel chiuso della sua interiorita (Gomi parla di «monologo interiore»). 17. mai: rafforzativo di sempre. 18. pareami ... quanto a me: «mi sembra va di avrre scelto (impreia) un argumentu troppo alto per le mie forze» íT mou vo detl'intcriorira dtchtarara dat p.1 del proprio terna ě tradi- :c a una rappresentai t( IV c 19 o>«i dimorai ... di cominciare ll capt-(d «vero centro del Ubni». d^vr ruuita UiquMrtuuanc che prelude ail irr« tiffiacKaßüölß« una n% 1 /ni i in a EPOCA % LA CRISl DEL MONDO COMUNALE XIX. Awenne poi che1 passando per uno cammino lungo lo quaje ^ gia uno rivo chiaro moJto2, a me giunse tanta volontade di dire3, che i0 , c (JUiJu 5' b mia fin ■yne, soltanto femmine gen- seenala una perfetta adesione dello stru-mento verbale al «testo» mentale^iunto ciopo iunga eiaborazione a una definizio-ne ben salda. G. Gorni ha spiegato come i impeciimcnto linguistico provato da Dante prima di prendere la parola (il «nodo deila lingua») si spczzi in un momento di ispirazione cfivjn^jn^ii poeta ě invaso dalla grazia (il «verbo d'amo-re»), che gli detta il primo verso, la prima ccUula dell'organismo poetico. 6. per mio cominciamento: «come mio inizio». E il cominciamento della canzone j Donne ch'avete, ma anche - soprattutto della nuova poetica che da questo t per eccellenza inaugurale prende le m se. Si noti la frequenza nei capitolo termine cominciamento, e di comim che sottolinea questa natura di esor VT e P^P"» 8enesi della nuova sia, che Dante si trova r..,;---cc- - gua •«Sfc 6 - mossa; i] , ,,,<,u' quasi 7- «na canzone 1í""* qUÍ * raffigUrar e anľh 3 prUna canzo1* del lne*» la Donate : " "^oiare sou Z), !r£220 verso At (XIX) dmore ------iinaric virtu della donna, la gentilezza che promana daJ suo solo passare per via, il suo agghiacciare i cuori villa m c il suo diffondcre mitczza, il suo donare salute eterna a colci <, a cui ri- volge la parola. 4) Prima (c unica) descrizione fisica di Beatrice, limitata alPindicazio-ne del suo «color di pcrlc» c dellc sue loi m< proporziona nili, con la nprcsa d< i motivo tradizirjTiiile d< <^li spinti d*a occhi dcJIa donna giungono a tolgorare il cuorc di chi la t s) In forma di eongedo 1 versi sono dirctti alia < anz<»1 eevutc 1c indicazioni sulla strada da pcrcorrcre, viene im gere la donna, accompagnandosi solo a pcrsone dotate di luu»i4. mime il poeta chiede alia canzone che, una volta arrivata dalla donna, lo racco mandi ad Am ore che siede accanto a quest'ultima. cnlc femmi cne dagli ta che, ri-1 raggiun-ortesia. infine, METRO canzone di cinque stanze, ciascuna di quattordici cndecasillabi, a schema ABBC ABBC CDDCEE L'ultima stanza ha valore di congedo, che e quindi metricamcnte in-dbffcTcnziato. Dante stesso lo definira piu avanti, nella divisione, «una stanza quasi come aneella dc laltre*. La stanza di quattordici endccasillabi (che quindi allude in se alia fbt-ma-fonerto; e definita da Dante superbissimum cannen in Dc vulgari eloquent id II, <: (dove vengono atate a modcllo di «stile tragico» Donna me prega di Cavalcanti e appun-to Dfjnnc cb'avetc1 \\ si c notato come tutte c tre le canzoni ospiute all'interno della Vita nova (ma anchc quelle, estcrne, che le si possono ricollegare, come E' m'incrtsce di mc e Lo doloroso amor) abbiano la strofa «tra^ica» di 14 versi. Di 14 versi e anche la strota di canzooe di CavaJcanti. Danteln 1 associa alia storia di Beatrice, fin dall'ini/io, uno ICf> Donne ch avete intelletto d'amore, i vo' con voi de la mia donna dire, non perch'10 creda sua laude finire, ma ragionar per isfogar la mente. v 1. Ytnapu serve a dreosenvere ludito no, come aveva detto la pro**, «non ad ma tolarocnte * coloro che I c che ooo iono pure L álmnt che han w. 1-4. «voglio ragionarc u>n vot Jd* mia donna, non perché io pres um* di esaunre, di dire compu lodi, ma perché mtendo >iogo 4 UO Jl ^Ui ho J cioe perché veng* *oddi dc di dirt gl* •i\tc le iue epoca 2 la crisi del mondo comunale 1300-,,^ 11 18 22 Io dico che pensando iJ suo vaJore, Amor si dolce mi si fa sentire, che s'io allora non perdessi ardire, iarei parlando innamorar la gente. E io non vo' parlar si altamente, ch'io divenisse per temenza vile; ma trattero del suo stato gentile a respetto di lei leggeramente, donne e donzelle amorose, con vui, che non e cosa da parlarne alrmi. Angelo clama in divino intelletto e dice: «Sire, nel mondo si vede maraviglia ne latto che procede d'un'anima che niin qua su risplende». Lo cielo, che non have altro difetto che d'aver lei, al suo segnor la chiede, e ciascun santo ne grida merzede. Sola Pieta nostra parte difende, che parla Dio, che di madonna intende: w. 5-8. considerando le sue virtu (// suo valore), la forza d'Amore su di me si fa sentire in modo tateche, se norTperdessi ardimento, con il mio parlare di lei farei innnt][yirgre molte persone. w. 9-12. ma non uTtendo qui parlare con uno stile che sia cosi sublime, daJarmi iTTvc-niarcjndcgno rispetto ad trsso (cioe non \dgljo usare uno stile dawero alia BfM qlfrp-a, pcrchc. be dovessi pormi questo come obbiettivo, dovrei tacerc ]k-i il tirnorc di non nusarejj trattero m-vece delta gentilezza di madonna con stile modesto il&tfrrfjmentf) almeno a confronto dell'altczza del valore di lei. v. i). donnt sono le sposate, donzelle le ragazze da marito: ma i termini costitui-scono una cndiadi. ^^i™™: cfr. GENERI E iidl- l'//j «/- r r,corrc ^thc altrove aTrfr ) Uonna P'fosa, vv. 27. de cosa mirabile (maraviglia) nel virtuoso operare (ne I'atto) che denva da un'a-nima che manda la sua luce hno al cie-lo"». L'espressione ne I'atto richiama il linguaggio filosofico. Per il procedere deU'anima il passo sembra echeggiare anche la formula del Credo cattolico (lo Spirito ex Patre Filioque procedit, "pro-cede dal Padre e dal Figlio"). w. 19-20. al Paradiso non manca altto che la presenza di Beatrice per raggiun-gere il culmine della perfezione (il suo unico difetto e nel non aver lei). Imrnagi-ne tradizionale della poesia provenzal che qui riceve carattere particolare dal successivo svolgimento della vicenda del Ubello e poi dall'esaltazione di Beatrice nella Commedia. v. 11. e tutti i Santi invocano la (merzede) della sua presenza. v. 12. «La sola misencordia (la Pitta none un personaggio, ma un nome della miseri l'oril«« ilivina) difende le parti di noi uomi niin terra* -— ■ V**""*. i 11 U> Dt W ar ^ lgnore, ^rra* Sia- 1 p, nul1 no1 uomJ ' mh«> ^iClt vero * Proprio di-1 ^i'|h>n,„>;f-. l "S-Suaa processus, sul- ■ . » ■VUUPI ^ 8uJia terra Si vc. * *3- -WasuU "-''^^^ vita sulk " *J ci* «dam V'^ejsjnjaelo. seors0 diretto Jfn- J introduce il di- die di madonna in- Tr.1 DANTE ALIGHIERI. VITA NOVA 15 28 31 36 39 42 «Diletti miei, or sofferite in pace che yostra spene sia quanto me piace la Ve alcun die perderlei s'attende. c che dirä ne lo inferno: Q maJ nati,'\\ ičTvíclíTi spcranza de' beati». ~ ' i* Madonna ě disiata in sommo cielo: or voi di sua virtu farvi savere. Dico, qual vuol gentil donna parere vada con lei, che quando va per via, gitta nei cor villani Amore un gelo, per che onne lor pensero agghiaccia e pere; e qual soffrisse di stárla a vedere diverria nobil cosa, o si morria. E quando trova alcun che degno sia di veder lei, quei prova sua vertute. ché li awien, ciö che li dona, in salute, e si 1'umilia, chogni ořfesa oblia. Ancor l'ha Dio per maggior grazia dato che non pö mal finir chi ťha parlato. tende: «che allude a madonna». L'idea di im discorso diretto affidato al Signore deriva a Dante probabilmente dalfuTti-ma stanza della canzone guinizze||iana Al cor gentil rempaira sempře Amore (dr. T1.3], che «offriva soprattuttoa Dante un fondamento teorico, poiché in essó Dio rivendieava a se stesso e a Maria il privi-legio della "laude"», ma il poeta vi pote-va associare la sua donna in virtú della sua sembianza angelica (Contini). w. 24-28. «"Tiiiei diletti (si rivolge ai beati), vogliate sopportare benevolmente (or sofferite in pace) che l'anima che sperate d'a-ver compagna (vostra spene) rimanga anco-ra, quanto io vorro, lä sulla terra, dove c'e qualcuno che s'aspetta di perderla e, an-dando nelTinferno, potra almeno dire ai dannati: 'O miseri (malnati), io ho avuto la grazia di vedere colei che i beati aspettava-no (la speranza de' beati)'"» (Barbi-Maggi-ni). Querto passo e stalo interpretato dalla maggior parte dei commernatoii unrichi ^Cgsicome queflo che conclude il UbéUo) come un annunzio della Commedia e del ^aggio all'inferno di Dante; ma piú ret eh temente si sostiene che rimmagine infernale dei w. 27-28 non sia altro che una raffi-gurazione che Dante si fa di uno stato di non-beatitudine, cü un luogo dunque con- trapposto a quello in cui e inscenata questa stanza della canzone. vvTTJFjo. Beatrice e tale da essere disiata in sommo cielo, nell'alto dei cieli, sara opportuna la desenzione delle ecce-zionali sue virtu; voi: «voglio». w. 31-32. Beatrice e eletta a modello nei confronti del resto dell'universo femminile. w. 32-36. il motivo del «passaggio mira-coloso» di madonna, che ha un grande rihevo nella poesia di Dante e in partico-lare nella Vita nova (culminando nei ce-lebre sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare, err, ppr 158-159), trova le sue origini in Guinizzelli (lo voglio del ver mia donna laucbre^yv. o-n. ctr. T1.3J. Nei cor vil-lani essa getta un ghiaedc^per il quale ogni loro pensiero diventa gniaccio e pe-risce: ma chi di essi avesse la forza di stale a vedcrla. si ingentilirebbe,. diverria nobil cosa, a morirebbe. v. 38. quei prova sua "vertute: que]lo_pud ^prtit^ lXfetto benefico di madonna, w. 39-40. che cio che ella gli dona, gli riesce (li awien) in salute, e lo rende co-si mite, che diventa capace di perdonare le offese subite (ognioffesa oblia). w. 41-42. beatitudine e promessa di sal-vazione: a chi madonna ha rivolto la pa-rola non pud accadere di mal finir. An- fpoca * la ctisi del mondo comunale 1300-, TO 53 56 60 Dice (Ii Ici Amor: «Cosa mortale comc csscr pd si aclorna e si pura?». P01 ia rcguarda, c ira sc stesso «iura che Dfc) nc 'ntenda cli far cosa nova. Color di perle ha quasi, in forma quäle convenc a donna aver, non fbr misura: clla e quanto de ben pö far natura; per essemplo di lei bieltä si prova. De Ii occhi suoi, come ch'ella Ii mova, escono spirti d'amore inflammati, che feron Ii occhi a quäl che allor la guati, e passan si che '1 cor ciascun retrova: voi Je vedetc Amor pinto nel viso, la Ve non pote alcun mirarla fiso. Canzone, io so che tu girai parlando a donne assai, quand'io t'avrö avanzata. Or t'ammonisco, perch'io t'ho allevata per figüuola d'Amor giovane e piana, chcqui č prcscnte uneco del sonetto di trice sarebbe allora modello sensibile, «. GumuzclW sopra citato (w. 13-14): «an- semplo, dell'idea delia bellezza femminile). 1 •• 1,.■. ■ :rtut< 1. i, vv. si s<>. la retorica degli spirti ď amort Í fornix, mal iK-nsartmchciavc, in.i; 1 1 segno di una ancora iortissimd pre-V. 4j. U paroh, giá concessa a un Angelo, senza di Cavalcanti; la loro caratterizza-<>n inpei ona la cut do ÓQQČ ,ii tnflttmmati rimanda pero, piú precisamente, al sonetto di Dante Di donne io vtdi una gentile schiera {Rime, LXLX, w. 5-6: «De gli occhi suoi gittava una lu-mera, / la qual paréa un spirito infiamrna-to»). Gli spirit] escono dagli occhi della donna e colpiscono [feron, da ferire) gli occhi a chi in quel momento la guardi mC!Hm cvi<,cn2a ' Prc«' f'S'ci di • oopo enc nc sono state passa-vinu spiritual]; cosa mor- ^rtantedel-nuovapoe ^oc Bcatri-irtítiguľi- dijrasfor Wratul,^ qui u pn. I'i • "'ferino V. "w/l if per d •tso di «wann cuore; sul 1 í> Amor farvn \rt «í r'K*» n \n avanzata: «ti avrô mai Inicnic m tomu maiioscntta: e 1 -ntai»« W—■ H r ' ff HL Pa J, ■"■omel flu» vv. ire la l «oft /ľT7^). U u ,r»*d che Dan *»nc del c delicata .rosse una g/ö-canzoňe^j >JoiJ padre command II option JX.1 dante alighieri. vita nova 64 67 che lä 've giugni tu diche pregando: «Insegnatemi gir, ch'io son mandata a quella di cui laude so' adornata». E se non vuoli andar si come vana, non restare ove sia gente villana: ingegnati, se puoi, d'esser palese solo con donne o con omo cortese, che ti merranno lä per via tostana. Tu troverai Amor con esso lei; raccomandami a lui come tu dei. adottivo, colui Aejajlleva per ßglyiola d'Amor, come riglia d'Amore, da lui ispi-rata. La coppja dTaggettivi giovane e piana ricorda quelli che Cavälcanti usa per la sua ballatetta, «leggera ě plana» T3r. T1.3). w. 61-63. che dove arrivi, tu chieda di grazia (dicke, forma del congiuntivo pre-sente, dica): «Indicatemi la strada, poi-ché io sono mandata dove si trova colei delle cui lode sono abbellita». v. 64. se non vuoi perdere tempo inutil-mente. w. 66-67. «sforzari per-quantapossibue di renderti nota, di farri leggere^solo da don-ne e uomini di abitudini cortesiV F. una scelta «aristocratica», uuesta ďella cánzo-ne manifesto della Vita nova, in concor-danza con la poetica del libello in generále, v. 68. che ti condurranno la l.dalla donna) per ritinerario puLditetto espedito. w. 69-70. Tradizionali sono il richiamo alia vicinanza di Amur alia donna, ej'in-vito alia canzone perché interceda jn fa-vore del suo autore. Questa canzone, acrid che sia meglio intesa, la dividerd piu artificiosa-mente che l'altre cose di sopra8. E pero prima ne fo tre parti: la prima parte e proemio deje sequenti parole9; la seconda e lo intento trattato10; la ter-za c quasi una serviziale de le precedenti parole". La seconda comincia quivi: Angelo clama; la terza quivi: Canzone, io so che. La prima parte si divide in quattro: ne la prima dico a cu' io dicer voglio de la mia donna12, e perche io voglio dire; ne la seconda dico quale me pare avere a me stesso13 quam] '10 penso lo suo valore, e com'io direi s'io non perdessi l'ardimento; ne la terza dico come credo dire di lei, accio ch'io non sia impedito da vilta; ne la quarta, ridicendo anche a cui ne intenda dire, dico la cagione per che dico a loro. La seconda comincia quivi: Io dico; la terza quivi: E io non vo''parlar; la quarta: donne e donzelle. Poscia quando dico: Angelo clama, comincio a trattare di questa donna. E dividesi questa parte in due: ne 8. la dividerö ... sopra: la divisione e piü arttftaoia (cioe piü minuta e complessa, anchc con panizioni di secondo grado, proprio come accadeva nei trattati di poetica medicvali che Dante ben cono sceva) di quella riservata a l'altre cose, cioe ai testi precedenti. 9- proemio... parole: la prima stanza e po-sta in margine, quasi come introduzione alia materia che a essa seguirä. 10. intento trattato: la trattazione che mi ero proposta (oppure «I'argomento svolto*). 11. quasi... parole: l'ultima stanza e inve ce «come un'ancella delle strole prece-tlenti», cioe fa a esse da congedo; sent ziale e un provenzalismo. 11. dico... mia donna: «dico chi sono colo-ro a cui voglio dire della mia donna, defi-nisco il mio uditorio». Notare con quanta insistenza sia ripetuto il verbo dire. 13. quale ... a me stesso: quale mi sembra il mio stato (alia lettera «come sembra a me avere me»).