Bibliografia: M. Cerruti, M. Cini, Introduzione elementare alla scrittura accademica, Bari, Laterza, 2007. B.M. Garavelli, Prontuario di punteggiatura, Bari, Laterza, 2003 L. Serianni, Prima lezione di grammatica, Bari, Laterza, 2006 Il testo accademico tra altri scritti Cominciamo con il descrivere molto sommariamente, cinque tra le principali tipologie testuali, definendole e distinguendole sulla base delle diverse finalità a cui esse rispondono: dare istruzioni (testi regolativi), descrivere (testi descrittivi), informare (testi informativi), raccontare (testi narrativi), sostenere una tesi (testi argomentativi). 1. testi regolativi: si definiscono testi regolativi quei testi che presentano norme, regole, istruzioni (di condotta o d’uso) con lo scopo di regolamentare azioni o comportamenti del destinatario. Appartengono a questa categoria i foglietti illustrativi dei medicinali, i testi per i concorsi pubblici, le ricette per cucinare. 2. testi descrittivi: un testo che fornisce una descrizione di un oggetto si definisce descrittivo. Può avere lo scopo di riprodurre a parole un percorso di osservazione neutro, obiettivo e distaccato dell’oggetto, oppure privilegiare per finalità specifiche solo alcune sue caratteristiche, per esempio nel caso degli annunci pubblicitari. Anche i testi scientifici (tesi di laurea), che sono regolarmente considerati testi argomentativi, si servono di parti descrittive, dedicate, per esempio, alla descrizione di un fenomeno o all’illustrazione di casi dimostrativi. 3. testi informativi: si definisce informativo un testo che fornisce al lettore informazioni, notizie e conoscenze. L’esposizione ha in generale un taglio obiettivo, tendendo ad evitare, appunto, valutazione soggettive. Annunci, avvisi e inviti posso essere considerati testi informativi. Ma il testo informativo è comunemente l’articolo giornalistico. Nella scrittura giornalistica contemporanea, però, l’informazione obiettiva è spesso accostata a parti di approfondimento e di commento che presentano punti di vista personali e manifestano il coinvolgimento emotivo dell’autore. Per quel che riguarda il nostro discorso, bisogna dire che normalmente il testo informativo ha dei caratteri meno formali del testo scientifico o accademico (tesi di laurea), perché ha scopi e destinatari diversi. Un testo scientifico, inoltre, dovrebbe distinguersi per la neutralità emotiva con la quale è trattato l’argomento. Per la verità bisogna dire che anche l’autore di un testo scientifico si trova ad esprimere le proprie convinzioni sul tema trattato, ma in un saggio o in una tesi di laurea tutto quello che si dice deve essere provata da argomenti forti che la giustifichino. 4. testi narrativi: la componente fondamentale di un testo che si definisce narrativo è il racconto di una storia. Lo svolgimento temporale, i personaggi, gli intrecci ne rappresentano le componenti essenziali. La lingua, le finalità, le modalità compositive sono legate allo stile dell’autore. Rispetto ad un saggio accademico nel testo narrativo sono più libere le scelte sia lessicali che di registro che di punteggiatura che di sintassi. 5. testi argomentativi: un testo scientifico, sebbene, come abbiamo visto, possa contenere categorie testuali differenti è essenzialmente un testo argomentativo. Si definiscono argomentativi quei testi che si propongono di convalidare o confutare una tesi servendosi di ragionamenti argomentati. Argomentare significa elaborare, strutturare ed esporre i propri pensieri e le proprie conoscenze secondo modalità che siano funzionali al sostegno di un’opinione. Generi della scrittura accademica Dopo aver parlato di testo scientifico come macro-categoria, parleremo ora dei sottogeneri testuali di tipo scientifico, basando la classificazione su due criteri diversi, ossia lo scopo del testo e i destinatari ai quali esso è rivolto. Sulla base di questi parametri è possibile tre tipi di testi scientifici con caratteristiche diverse. Il manuale, la monografia e l’articolo scientifico, la tesi di laurea. Il manuale ha lo scopo di proporre un riassunto dei principi delle metodologie e degli orientamenti di ricerca che caratterizzano una disciplina, ed è destinato ad un pubblico che è allo stesso tempo specifico e generico, e non forniscono nuovi contributi tecnici e di analisi. La monografia e l’articolo scientifico si rivolgono a un pubblico di specialisti e hanno lo scopo di contribuire alla crescita della disciplina sia in campo teorico che in campo applicativo. Nel caso della monografia o dell’articolo scientifico ci si sofferma su un aspetto della disciplina attraverso specifiche prospettive e metodologie di ricerca con nuove riflessioni teoriche. La tesi di laurea avrà come autore unico il laureando e ha lo scopo di dimostrare se e come il candidato abbia acquisito le conoscenze di base richieste dal proprio percorso universitario e alcune conoscenze specifiche pertinenti alla disciplina all’interno del quale si colloca l’argomento della tesi. Si richiede al candidato di acquisire l’uso autonomo degli strumenti di studio e di ricerca più adeguati. Visto che ad interessarci di più è proprio il genere scrittura accademica, nelle prossime pagine passeremo in rassegna le tappe che devono essere percorse nella stesura di una tesi di laurea. Per qualunque lavoro di tesi il principio basilare è quello del rigore scientifico. Ma a seconda della disciplina di laurea è possibile redigere lavori quantitativamente e qualitativamente diversi. Possiamo distinguere tra tesi di tipo compilativo, condotte principalmente allo scopo di rendere conto del dibattito scientifico su un problema, o tesi di ricerca nelle quali attraverso un metodo di raccolta sono ottenuti dati che vengono sottoposti ad analisi. Una volta scelto l’argomento della tesi è fondamentale avviare il lavoro di documentazione, cioè ricercare le fonti scientifiche che trattano dell’argomento scelto in modo puntuale o anche solo generico. Il testo accademico che qui ci interessa si configura come testo argomentativo, ossia come testo nel quale si sostiene un’opinione e la si dimostra attraverso argomenti o giustificazioni. Prima di entrare nel merito della questione, bisogna aver chiaro che un testo accademico nella sua complessità non conterrà solo parti argomentative ma anche parti descrittive e informative (quando si riassumono le teorie di altri autori o si descrive il proprio metodo di ricerca). Tuttavia la parte in cui si è chiamati alla giustificazione di una posizione, di una scelta o di un’ipotesi, in particolare quando una lingua non si padroneggia perfettamente, è senza dubbio la più complessa e per questo le dedicheremo maggiore attenzione. Per prima cosa dobbiamo dire che lo scopo di un’argomentazione è convincere, persuadere il destinatario del testo di una nostra opinione o ipotesi: da ciò consegue che si ha un’argomentazione quando il testo è formato da un’opinione e da almeno un argomento a favore o contro l’opinione espressa, se manca solamente una di questi due elementi l’argomentazione non esiste e quindi non raggiunge lo scopo. Dal punto di vista dell’organizzazione formale del testo possiamo distinguere due componenti: 1. La cornice argomentativa (composta dal tema dell’argomentazione, nel nostro caso l’argomento della tesi, dal contesto, dai protagonisti dell’argomentazione, cioè lo studente e il professore; 2. Il nucleo centrale dell’argomentazione ossia l’organizzazione del ragionamento in cui sono contenuti l’opinione che si sostiene e gli argomenti (almeno uno) che la sostengono Della cornice abbiamo indicato gli elementi essenziali; ora ci concentreremo sul nucleo argomentativo partendo dal dire che in base alla presenza di più argomenti (A) o più opinioni (O) è possibile distinguere tra: Struttura semplice: O Mario è in salute A perché pratica molto sport Struttura multipla: O Mario è in salute A1 perché pratica molto sport A2 perché mangia cibi sani Struttura a grappolo: O Mario è molto corteggiato dalle ragazze A1 perché ha un fisico atletico A2 (O) ed è bello infatti fa molto sport A3 A4 (O) ed è in salute dato che mangia cibi sani A5 ed è molto salutista (infinito) Affinché l’opinione venga giustificata dagli argomenti ci deve essere una relazione che renda possibile e valido il ragionamento, ci deve essere una relazione profonda che permetta al mittente di costruire e al destinatario di accettare l’argomentazione proposta: questa relazione è chiamata regola generale. La regola generale, quindi, è la garanzia della validità della relazione tra opinione e argomento: molto spesso la regola generale non viene espressa nel testo, infatti è tra i tre argomenti obbligatori ad un’argomentazione (opinione, argomento, regola generale) il solo a poter non essere visibile. Possiamo a questo punto riformulare la definizione di argomentazione: l’argomentazione è composta da un’opinione e da almeno una giustificazione, la quale, a sua volta, è formata da un argomento e da una regola generale che permetta che l’argomento sia adeguato e pertinente all’opinione sostenuta. Oltre ai tre elementi che abbiamo visto, l’argomentazione può essere composta da altri componenti altrettanto importanti, ma non obbligatori. Si tratta della fonte, della riserva, del rinforzo e del qualificatore. La fonte, del quale abbiamo accennato e della quale parleremo ancora nelle lezioni successive, garantisce la validità dell’argomentazione dando ulteriori dati e conferme della tesi sostenuta; ovviamente per raggiungere lo scopo la fonte deve essere degna di autorità nell’argomento trattato. La riserva introduce ipotesi o informazioni che conducono a conclusioni diverse da quelle sostenute. Non si tratta di una contro argomentazione ma di una considerazione alternativa. Spesso viene inserita per prevenire obiezioni da parte del lettore, ma anche per obiettività scientifica. È introdotto nel testo da espressioni come a meno che, salvo che e simili. Il rinforzo è un argomento che, come dice la parola stessa rinforza la giustificazione alla tesi sostenuta; introduce un altro argomento in qualche modo contrario alla tesi ma che si rivela debole alla luce dell’argomento principale così da rafforzarlo indirettamente. È introdotto da nonostante, sebbene, benché, tenendo presente che. L’ordine delle componenti argomentative La scrittura di un testo costringe l’autore a pensare alla successione in cui presentare le diverse unità di significato e a dare loro una gerarchizzazione. Sulla scelta influiscono moltissimi fattori: per esempio la tipologia testuale, lo scopo, il destinatario e non ultimo la capacità organizzativa di chi scrive. La struttura argomentativa più frequente presenta: una fase introduttiva, in cui si definisce il tema ed eventualmente si confrontano le varie posizioni sull’argomento; una seconda fase, in cui si apre una fase argomentativa formulando una tesi o un’opinione; una terza fase, nella quale si sviluppa la vera e propria argomentazione con l’utilizzo di tutte le componenti già descritte; una fase conclusiva nella quale l’argomentazione ha fine e si ha la possibilità di ribadire la propria tesi sostenuta. Di tutte queste fasi la più importante è la terza ma è anche la più complessa da costruire. Abbiamo visto, infatti, come l’argomentazione presenta tre elementi obbligatori (la tesi, almeno un argomento a favore e la regola generale e altre componenti facoltative che permettono all’argomentazione di riuscire nel suo scopo. Coesione e coerenza formale Per cominciare a scrivere un testo, per collegare le sue parti e per concluderlo bisogna imparare a usare bene le frasi per collegare, le parole per collegare (che si chiamano connettivi) e i segni per collegare (che formano la punteggiatura). Solitamente, le difficoltà maggiori nella costruzione di un testo scritto riguardano l’inizio e la conclusione. Per iniziare potete usare espressioni di esordio come: -Il primo argomento di cui intendo parlare è -Vorrei cominciare il mio tema ricordando che -Inizio con dire che -Innanzitutto vorrei ricordare -L’argomento con cui vorrei cominciare è quello che segue -Il primo punto che intendo trattare è Per concludere potete usare espressioni di chiusura come: -In conclusione -Vorrei concludere occupandomi di -E’ il momento di concludere -Per concludere vorrei -L’ultimo argomento che vorrei trattare è Accanto alle frasi per iniziare e alle frasi per concludere, esistono le frasi per collegare. Il meccanismo è sempre lo stesso: potete collegare un argomento con un altro avvertendo che avete chiuso un discorso e ne cominciate un altro: Per collegare potete usare espressioni di collegamento come: -passando ora ad un altro argomento -Chiarita la questione, mi sembra utile passare a…… -Vorrei ora trattare un nuovo aspetto del problema -Esaminerò ora un’altra questione Le parole per collegare: i connettivi Le frasi di collegamento che vi ho mostrato sopra appartengono alla categoria dei connettivi (parole o espressioni che uniscono). I connettivi si usano per collegare due frasi, due gruppi di frasi o due sezioni di uno stesso testo: sono quelle parole che la grammatica chiama avverbi, preposizioni e congiunzioni. Per studiarli nel modo tradizionale vi propongo una tabella. Contiene tutti i connettivi più importanti (cfr. pdf n. 1) I segni per collegare: la punteggiatura Per imparare ad usare bene la punteggiatura dovete prima di tutto capovolgere l’ottica con cui li avete considerati fino ad ora. Avete sempre pensato che i segni di interpunzione indicano una pausa, ma non è così: la punteggiatura non separano, come generalmente si pensa, le parole e le frasi, ma al contrario, le collegano; non provocano una pausa ma agganciano due parole, due frasi o due periodi fra i quali c’è già una pausa determinata dal significato. Se si completa un discorso o la sua parte importante è normale che prima di cominciare un nuovo discorso si faccia un’interruzione: se l’interruzione è debole si userà un segno debole (la virgola), se l’interruzione è forte si userà un segno forte (il punto, il punto e virgola, due punti). Per capire quando e quali interruzioni adottare basterà rileggere il vostro testo ad alta voce: il senso di quello che avete scritto vi imporrà delle pause. Se le pause sono deboli dovrete mettere il segno debole; se le interruzioni sono forti, dovrete metter un segno forte. Quando si usa il punto: Il punto si usa quando tra due frasi, due periodi, due sezioni più ampie di testo c’è un’interruzione forte, o perché si cambia l’argomento o perché cambiano le cose che si dicono su quell’argomento. Quando si usa il punto e virgola: Il punto e virgola si usa quando tra due frasi c’è un’interruzione forte sul piano della forma (le frasi sono autonome e separate) ma non c’è interruzione forte sul piano del contenuto: ciò che viene detto dopo il punto e virgola è fortemente legato a quello che è stato detto prima. Quando si usano i due punti 1. Per spiegare ciò che si è detto prima 2. Per dimostrare quello che si è detto prima 4. Per indicare le conseguenze di quello che si è detto prima 5. Per arricchire di particolari quello che si è detto prima 6. per introdurre un elenco 7. per introdurre un discorso diretto Note, citazioni, bibliografia Il sistema espositivo testo-note La scrittura di un saggio accademico, in questo caso una tesi di laurea, non può prescindere da un’organizzazione del testo secondo un corretto e coerente sistema espositivo testo-note. È necessario che lo spazio all’interno del corpo del testo sia riservato ai contenuti che costituiscono la linea principale dell’argomentazione e che le note siano dedicate alle informazioni non strettamente funzionali allo sviluppo della struttura argomentativa. Il corpo del testo, infatti, rappresenta il piano del discorso centrale mentre le note possono intendersi come il piano del discorso laterale, cioè con tutte quelle informazioni che, seppur significative, fanno in qualche modo da contorno all’assetto argomentativo (confronti, esemplificazioni, commenti, rimandi, precisazioni, definizioni, considerazioni, chiarificazioni). Si possono distinguere due tipi di note: 1. Note di contenuto e 2. note di riferimento. Le principali funzioni a cui rispondono le note di contenuto sono: a. sviluppare argomenti funzionali a un approfondimento del tema centrale b. proporre commenti, riflessioni e valutazioni relative a quanto esposto nel testo c. spiegare o definire il significato di un enunciato o di un termine particolate d. rimandare ad altre parti del testo e o ad opere e opinioni di altri studiosi, a integrazione di quanto scritto nel testo. Le note di riferimento ospitano i riferimenti bibliografici relativi ad una citazione presente nel testo. I due modi principali per organizzare i rimandi bibliografici sono il sistema autore-opera e quello all’americana, autore data. Il primo metodo prevede che ogni citazione, diretta e indiretta, corrisponda una nota di riferimento con l’indicazione bibliografica ad essa relativa: nel testo: Ne la Cognizione del dolore i tecnicismi risultano spesso «di non facile intelligenza» (2) (2) P. Zublena, L’inquietante simmetria della lingua. Il linguaggio tecnico-scientifico nella narrativa italiana del Novecento, Edizioni dell’Orso, Alessandria 2002, p. 53. In realtà si riportano la totalità delle informazioni bibliografiche connesse ad un’opera, solamente ed esclusivamente nel momento della prima citazione dell’opera; nelle note successive si indica solamente il cognome dell’autore e il titolo dell’opera abbreviato e il titolo della pagina: Zublena, L’inquietante simmetria, cit. p. 53. Se si rimanda a un’opera citata nella nota immediatamente precedente, ma con un numero di pagina differente, si può usare semplicemente ivi (significa lì, nello stesso scritto, nello stesso passo già citato): Ivi, p. 57. Se il rimando è ad un’opera citata in precedenza e anche alla stessa pagina, al posto dell’intero riferimento bibliografico, si usa la sola abbreviazione ibid. (ibidim, ivi stesso). A partire dalla fine degli anni Sessanta, si è diffuso un nuovo criterio bibliografico alternativo: il sistema autore-data o all’americana. Questo metodo prevede l’inserimento, in corrispondenza di una citazione, di un riferimento bibliografico sintetico costituito dal cognome dell’autore seguito dall’anno di pubblicazione dell’opera citata ed eventualmente dal numero della pagina, e prevede la stesura di un’appendice bibliografica da collocarsi a fine volume. Questo sistema facilita il lettore dalle ricerche condotte da pagina a pagina o da nota a nota, necessarie a recuperare le indicazioni bibliografiche integrali. Con questo sistema, riallacciandoci così a quello che abbiamo visto sui tipi di note, le note di riferimento tendono a scomparire, lasciando il posto alle sole note di contenuto. Il sistema all’americana, quindi, prevede la sostituzione delle note di riferimento con le indicazioni bibliografiche autore data comprese all’interno di parentesi tonde all’interno del testo. L’apparato delle note, allora, può svolgere in maniera più compiuta la funzione di discorso laterale, avvicinando al piano del discorso centrale le informazioni di contenuto ricche di significato ma non indispensabili alla progressione della linea argomentativa. Tornando ad un discorso più generale, possiamo dire che le note scritte in questo modo, relegate alla fine del testo e non a piè di pagina, indeboliscono molto il legame tra piano centrale e piano laterale e tende a ridurre l’apparato di note a una semplice appendice. Le citazioni Confrontarsi con opere e riflessioni di altri studiosi è una componete essenziale di un lavoro di carattere scientifico e della scrittura di un saggio accademico o di una tesi di laurea che voglia essere meritevole. Il riferimento a fonti autorevoli supporta le argomentazioni proposte dall’autore. La citazione è un prestito dal lavoro di un altro autore e deve essere assolutamente dichiarata. La presenza di citazioni in un testo è indicativo sia della conoscenza della letteratura scientifica (tutto il materiale, libri e articoli, che si conoscono su un determinato argomento) sia del modo di utilizzare le fonti, che deve essere stato acquisito in un percorso di laurea. Il pensiero di uno studioso può essere riportato letteralmente (citazione diretta) oppure a senso (citazione indiretta). La citazione diretta o letterale consiste nella riproduzione fedele all’interno di un testo di parole, frasi o periodi tratti dall’opera di un altro autore. La citazione diretta va però inserita nel testo non in modo casuale ma in modo che abbia una coerenza con la struttura espositiva. Occorre però essere molto chiari e dichiarare la paternità del testo, racchiudendo il testo citato nelle virgolette alte e riportandone i dati biografici necessari per l’identificazione del lavoro dal quale proviene. Ogni volta che si cita un brano tratto da un altro saggio è obbligatorio indicare il numero di pagina dell’originale in cui questo (il brano) si trova. La lunghezza di una citazione letterale non dovrebbe mai, se non in situazioni particolari, eccedere la misura di dieci righe; brani più lunghi possono essere riassunti e trasformati in citazioni indirette. La citazione indiretta consiste nel riformulare ed esporre in maniera propria le parole di un altro autore riassumendole. Occorre però fare molta attenzione a non falsare le intenzioni del brano riportato e del significato e nel caso di un brano molto lungo stare attenti a riassumere le parti necessarie alla nostra argomentazione. Anche usando la citazione indiretta è comunque indispensabile inserire i riferimenti sintetici relativi al passo riportato e il numero di pagina. La bibliografia L’appendice bibliografica posta a conclusione di un saggio raccoglie indicazioni bibliografiche complete riferite ai testi di consultati o/e citati nel testo. La bibliografia è uno strumento indispensabile e un prodotto qualificante di un’attività di ricerca; essa è di utilità primaria non solo per l’autore di un saggio o di una tesi di laurea o di un libro, ma anche per chi è chiamato a valutarlo e per chi, successivamente al lavoro, potrà utilizzarlo come fonte e punto di partenza per nuove ricerche. I riferimenti bibliografici compilati con correttezza e precisione, che seguono criteri di stesura omogenei (sempre uguali), favoriscono le ricerche successive. La compilazione di riferimenti bibliografici non può, infatti, prescindere da principi di esattezza, precisione e coerenza. I dati da riportare nei riferimenti bibliografici sono: a) il cognome e nome dell’autore (o degli autori, e/o del curatore o dei curatori nel caso di volumi miscellanei. È preferibile citare per esteso il nome di battesimo dell’autore ma qualunque cosa si scelga il criterio non va mai modificato (non si indicano mai alcuni nomi per esteso altri interi). b) l’anno di pubblicazione; nel caso in cui si consultano e si faccia riferimento a nuove edizioni di un testo è bene riportare sia l’anno in cui l’opera è stata pubblicata per la prima volta sia l’anno dell’edizione posteriore consultata, perché edizioni nuove presentano generalmente modifiche e anche cambiamenti sostanziali. c) il titolo e il sottotitolo (eventuale) del testo; vanno riportati tutti i segni di interpunzione e le lettere maiuscole esattamente come si legge sul frontespizio (la pagina dove è scritto il titolo, generalmente dopo la copertina). d) l’editore; il nome della casa editrice si riporta generalmente in forma abbreviata (es. Arnaldo Mondadori editori >Mondadori); se non risulta nessun editore si userà la sigla s.e (senza eidtore). e) il luogo di pubblicazione; ogni casa editrice ha un luogo di pubblicazione di riferimento (la città in cui la casa editrice ha la sede, es. Torino per la casa editrice Einaudi) che non deve andare confuso con il luogo di stampa (nel quale ha sede la tipografia che stampa per conto della casa editrice). f) l’intervallo di pagine; nel caso in cui le indicazioni bibliografiche siano relative ad un saggio (articolo in rivista) contenuto in un volume che raccoglie contributi di più autori è necessario indicare l’intervallo di pagine in cui il testo di riferimento è compreso. g) l’emissione (per le riviste scientifiche) nei riferimenti bibliografici relativi a riviste non si riporta l’indicazione dell’editore e del luogo di pubblicazione ma soltanto i dati riguardanti l’emissione; essa consente di identificare il volume specifico della rivista e consiste per lo più nell’indicazione del numero di uscita e dell’anno.