10 ché nel gozzo anigrottol contrafece, e ne le ren' giraffa m'asomiglia, ed uom sembia, secondo che si dice, ne la piagente sua cera vermiglia. Ancor risembra corbo nel cantare, ed ě diritta bestia nel savere, ed uomo ě sumigliato al vestimento. Quando Dio il fece, poco avea che fare, ma volle dimostrar lo Suo potere: sí strana cosa fare eb[b]e in talente v. 5. anigrottol: anatroccolo (o anche pel-licano, detto onocrotalus nei bestiari medieval!); contrafece: imito (qui il soggetto e Dio, mentre nel verso successivo e di nuovo il personaggio). v. 6. nei fianchi mi (pronome pleonasti-co) sembra una giraffa. v. 8. questo verso riprende direttamente dei termini con cui nella lirica cortese si esalta la bellezza femrninile; ma il f atto che la piagente cera, di Messerino sia vermiglia indica che il suo viso e rubicondo, paonazzo. v. 9. corbo: corvo. v. 10. diritta: vera e propria; savere: sape-re, intelligenza. v. 11. somiglia ad un uomo quanto al ve-stire. v. 14. ebbe in talent o: ebbe voglia. Guido Guinizzelli Al cor gentil rempaira sempre amove Questa celebre canzone, nonostante il linguaggio elaborato e coltissimo, ha il fascino e la freschezza di una scoperta che apre nuovi territori e pos-sibilitä alia poesia d'amore volgare. Essa, tuttavia, non si distacca del tut-to dalla tradizione precedente, di cui riprende alcuni elementi essenzia-li, come lo stesso tema centrale dellegame tra amore e gentilezza (nobiltä morale) e quello del colloquio di Dio con 1'amante. Pur non trattandosi di un manifesto teorico, pur raccogliendo motivi della tradizione senza porsi un vero e proprio intento programmatico, il componimento ha ca-ratteri fortemente innovatori, sia a livello dei contenuti che del linguaggio. Anzitutto il legame tra amore e cor gentil (nobile) viene affermato con una nuova, entusiastica determinazione (e si noti l'insistenza con cui viene ripetuto l'aggettivo gentil/gentile, in varie combinazioni), e con una nettissima distinzione tra la nobiltä di sangue e la nobiltä interiore: la gentilezza viene separata nettamente dal mondo nobiliare e feudale, viene ricondotta a qualitä morali e spirituali, in una prospettiva che sarä sviluppata da Dante nel quarto trattato del Convivio (cfr. Ta.i). A questa canzone, del resto, Dante fa esplicitamente riferimento nella Vita nova nei sonetti A ciascun'alma presa e gentil core e Amore e 7 cor gentil sono una cosa (cfr. T2.1). Essenziale ě poi l'uso di similitudini e metafoře, che evocano diversi aspetti della natura, proprio al fine di rendere phi evidente quel rapporto tra amore e cor gentil che costituisce l'assunto di base della canzone: si svolge cosi «una poetka dell'analogia fra mondo interiore e mondo naturale, l'uno e l'altro sciolti dalla fissitä della poesia precedente» (Pasquini). L'uso di queste analogie si proietta su uno sfon-do filosofico (anche con qualche eco della filosofia di Tommaso d'Aqui-no), sfondo che dovette colpire i contemporanei, tanto ě vero che Bona-giunta Orbicciani (cfr. pp. 7.61-2.6%), in un suo sonetto indirizzato a Guinizzelli, lo accusö di eccessiva sottigliansa ("sottigliezza intellettualisti-ca") e di traier canson per forsa di scrittura ("scrivere una canzone rica-vandola dai testi scritti"). Comunque, il carattere filosofico o inteilet- I těmi re terreno e amore divino I tuaiistico non resta astratto, ma si proietta in immagini di forte eviden-| za, dominate dalla luce, riferite quasi tutte al fuoco, alio splendore, alia I luminositá degli astri. I La materia delle diverse stanze si puó distinguere nel modo seguente: i) II legame tra amore e cor gentil ě qualche cosa di originario, dato fin I dall'origine di queste due entita, nate insieme come insieme furono il sole I e la luce, il fuoco e il calore. I 2) L'amore scende nel cuore gentile come nella pietra preziosa scende I la vertute, la qualitá data dall'influenza della Stella (secondo la concezione I dei lapidari: cfr. GENERIE TECNICHE, tav. 4); come il sole purifica la pietra, I la cui vertute ě in potenza, mettendola in atto, rendendola cioě atta a rice-g vere l'influsso della stella, cosi il cuore, fatto gentile dalla nátura, ě atto a I ricevere 1'amore per la donna (che ě come la stella). I 3) Amore sta nel cuore nobile come la fiamma nella torcia; fugge dalla nátura cattiva e vile, come il fuoco dall'acqua; prende luogo nel cuore no-bile come il diamante nella miniera del ferro. 4) Chi ě vile non puó rivendicare una gentilexza di stirpe: la vera nobiltá non ě ereditaria, ma ě determinata solo dalla virtu. 5) Come la luce di Dio risplende sull'intelligenza angelica, che cosi segue il comando divino facendo girare il cielo a cui ě deputata (secondo la cosmologia medievale, esposta da Dante nel Convivió), cosi la donna risplende agli occhi dell'uomo nobile, che non si stanca mai di obbedirle. 6) Quando l'amante (che in questa stanza park in prima persona) sará davanti a Dio, questi potrá rimproverarlo per averlo usato come termine di paragone per un amore terreno; egli si giustificherá affermando la nátura angelica della donna stessa. Questo sorprendente finale, cercando in qualche modo di attenuare il rischio che la stanza precedente fosse considerata blasfema, non fa in realtá che aggiungere un'affermazione ancora piú rischiosa. Nonostante l'immagine della donna angelo fosse giá diffusa nella poesia precedente, anche presso i trovatori, nel contesto di questa audace risposta a Dio es-sa suscitó molte obiezioni e riserve tra i contemporanei. Pose comunque in termini nuovi il «problema di una conciliazione fra amore terreno e amore divino» (Pasquini), aprendo la strada che di H a poco avrebbe percorso Dante, a partire dalla canzone Donne ch'avete intelletto ďamore (cfr. T2.1), fino all'audace soluzione di fare della stessa donna amata il simbolo della fede, la guida per percorrere il Paradiso e giungere alia visione di Dio; negli stessi giochi di luce, nelle molteplici immagini di splendore del Paradiso, ritornerá, del resto, la suggestione di questa grande canzone. [EDIZIONE: Poeti delDuecento, a cura di G. Contini, vol. II, cit.] METRO: canzone di sei stanze di 10 versi (in cui Pultima funge da congedo), con fronte di due piedi uguali ABAB e sirma con alternanza di settenari ed endecasillabi, cDcEdE. Le stanze sono legate tra loro dal sistema delle coblas capfinidas (con la ripresa del finale di ognuna nell'inizio della successiva: piú labile il legame dell'ultima stanza con la precedente, dato dalla ripresa della parola Donna, v. 51, dal terzultimo verso della precedente, v. 48). All'effetto di ripetizione che ě essenziale nella canzone collabora.la ripresa di al- cune rime ncllc cHvcrtK! Hliui/r kotil In limu on- lomu lícila prima, nella seconda c ben due volte nella quilHii kIiiii/.ii, ticllc posixioiii 15 cd Li; la rima -ura nelle prime tre stanze ecc); si notino anchc duc cnsi in cui la rima e data dalla slcssa parola (sole ai w. 5 e 7, cielo ai w. 41 e 43). Al cor gentil rempaira sempre amore come Pausello in selva a la verdura; ne fe' amor anti che gentil core, ne gentil core anti ch'amor, natura: ch'adesso con' fu 1 sole, si tosto lo splendore fu lucente, ne fu davanti '1 sole; e prende amore in gentilezza loco cosi prop'famente come calore in clarita di foco. 10 15 Foco d'amore in gentil cor s'aprende come vertute in petra preziosa, che da la stella valor no i discende anti che '1 sol la faccia gentil cosa; poi che n'ha tratto fore per sua forza lo sol ciö che li ě vile, stella li da valore: cosi lo cor ch'e fatto da natura w. 1-2.. «Amore ritorna, come a sua sede, sempre al cuore nobile, come 1'uccello nel bosco ritorna al verde delle foglie»; rempaira ě gallicismo, provenzale repai-rar, francese ant. repairier, dal latino medievale repatriare, "tornare in patria". Si noti il chiasmo con i complementi in po-sizione estrema Al cor gentil tala verdura ti soggetti amore e 1'ausello al centro. w. 3-4. il soggetto ě natura: «e la natura non creö Pamore prima del cuore nobile, né il cuore nobile prima delTamore». w. 5-7. «dato che, non appena fu il sole, cosi immediatamente il suo splendore fu rilucente, né lo fu prima che fosse il so-le»: con questo paragone, il legame tra amore e gentilezza si proietta sullo sfon-do della creazione, dell'origine stessa della natura e della luce. w. 8-10. «e l'amore si insedia, prende posto, nella nobiltá in modo cosi naturale (propiamenté) come il calore nella luminositá del fuoco»: alla precedente imma- gine deEo splendore originario del sole succede quella dello splendore e del calore del fuoco. w. 11-2.0. in questa seconda stanza si fa esplicito riferimento alle nozioni aristo-tehche (mediate dalla Summa theologica di Tommaso ďAquino) di potenza e di atto, oltre che alle credenze sulle virtú delle pietre e sulTinfluenza degli astri: «il fuoco ďamore si accende nel cuore nobile come la virtú (la qualitá e le proprieta) nella pietra preziosa, in cui (che... t) dalla stella la proprieta (valor) non discende, non agisce prima che il sole la renda nobile; dopo che con la sua forza il sole ha tratto fuori dalla pietra tutto ciö che ě vile, indegno, la stella le infonde la sua particolare proprieta; cosi la donna, come la stella, fa innamorare il cuore che dalla natura ě reso (fatto) eletto (asletto, gallicismo), puro, nobile». II sole purifl-cando la pietra, la pone in potenza, la rende atta a ricevere i'influsso dell'astro zo 2-5 30 35 asletto, pur, gentile, donna a guisa di Stella lo 'nnamora. Amor per tal ragion sta 'n cor gentile per qual lo foco in cima del doplero: splendeli al su' diletto, clar, sottile; no li stari' altra guisa, tanť ě fero. Cosi pravá nátura recontra amor come fa l'aigua il foco caldo, per la freddura. Amore in gentil cor prende rivera per suo consimel loco com' adamás del ferro in la minera. Fere lo sol lo fango tutto '1 giorno: vile reman, né '1 sol perde calore; dis' omo alter: «Gentil per sclatta torno»; lui semblo al fango, al sol gentil valore: ché non dé dar om fé che gentilezza sia fór di coraggio e ad acquistare il suo valore (traducendo la potenza in atto); nell'analogia che si pone, «la natura corrisponde al sole, il cuore (nobile) alla pietra (preziosa), la donna (che fa passare all'atto la virtualitä morale) all'astro» (Contini). Notare la ri-ma siciliana tra i w. 18 e 20 (-ura / -ora). w. 21-24. Amore sta nel cuore nobile per lo stesso motivo (ragion) per cui il fuoco sta in cima alla torcia {doplero): Ii ri-splende (in splendeli l'enclitica -Ii e av-verbio) a suo piacere, luminoso e puro {sottile, in quanto privato di ogni mac-chia) e non gli potrebbe convenire {stari', per staria, starebbe, converrebbe) altro modo {guisa), tanto egli e impetuoso, violento (come il fuoco che va per natura verso l'alto, cosi l'amore va nel cuore gentile: ma fero nella poesia successiva, giä in Cavalcanti e in Dante, sarä fre-quente attributo dell'amore). w. 25-27. «Cosi una natura malvagia va contro {recontra) amore come l'acqua, per la sua freddezza, va contro il fuoco, che e caldo»: la metafora dell'acqua e del fuoco era stata svolta all'inizio di una canzone del siciliano Guido delle Colon-ne (cfr. pp. 141,239-242) Ancor che l'aigua per lo foco lassi, che certamente Guiniz-zelli ha tenuto presente. w. 28-30. «Amore prende dimora {rivera propriamente ě pianura, campagna, dal provenzale ribiera), come in luogo a sé simile, conveniente, nel cuore nobile, come il diamante nella miniera del ferro»: se-condo i lapidari medievali (cfr. GENERI E TECNICHE, tav. 4), il diamante aveva ap-punto la proprieta di attirare il ferro; ma il termine adamäs si puö riferire a qualsiasi minerále molto duro e anche alla calamita. w. 31-34. «D sole colpisce (con i suoi rag-gi) il fango di continuo {tutto 7 giorno, come il francese toujours); ma il fango re-sta vile, né il sole perde il suo calore; dir ce ľuomo superbo: " Vengo ad essere nobile per Stirpe" (sclatta per "schiatta"); io paragono questo al fango e al sole la no-biltä»; nel sistema delle coblas capfinidas, ľiniziale Fere riecheggia il finale della stanza precedente solo dal punto di vista fonetico (ferro del v. 30); notáre il chia-smo del v. 34 (corrispondenza tra lui e gentil valore, agli estremi, tra al fango e al sol, al centra). w. 35-38. perché non si deve credere (ľuomo" non deve dare fede: ma om ě soggetto impersonale, come il francese on) che la nobiltä esista, al di fuori del-ľanimo nobile (coraggio in tal senso ě francesismo), in una condizione acquisi- 40 45 50 in clcgnilä ďere' sed a vertute non ha gentil core, com' aigua porta raggio e '1 ciel riten le stelle e lo splendore. Splende 'n la 'nteliigenzi'a del cielo Deo críator piú che ['n] nostr'occhi 1 sole: ella intende suo fattor oltra 1 cielo, e '1 ciel volgiando, a Lui obedir tole; e con' segue, al primero, del giusto Deo beato compimento, cosi dar dovria, al vero, la bella donna, poi ehe ['n] gli occhi splende del suo gentil, talento che mai di lei obedir non si disprende. Donna, Deo mi dirä: «Che presomisti?», si'ando ľalma mia a lui davanti. «Lo ciel passastí e 'nfin a Me venisti ta con l'ereditä (in degnitä d'ere': "in dignita d'erede"), se non ha cuore nobile disposto a virtú. w. 39-40. «come l'acqua riceve il raggio della luce, si fa da essa attraversare (senza appropriarsene), mentre il cielo con-serva le stelle e la fonte della stessa luce»: ma questa simihtudine pone qualche dubbio di interpretazione; si puö inten-dere che l'acqua si riferisca all'animo vile (come al v. 31 il fango) e il cielo a quel-lo nobile, oppure che «il cielo figuri la donna, sorgente di virtú, e l'acqua il cuore gentile, naturalmente disposto ad ac-coglierla» (Contini). w. 41-44. «Dio creatore splende davanti all'intelligenza angelica piú che il sole davanti ai nostri occhi: quella cono-sce (intende, proprio in quanto intelli-genza) il proprio creatore al di lä del cielo a cui ě preposta, e facendo girare (volgiando, gerundio settentrionale) il cielo, pren-de (tole, dal latino tollere) ad ubbidire a Lui». Si riteneva che le intelligenze angeliche fossero preposte ai singoli cieli, di cui regolavano il mo-to, come si puö verificare nel Convivio, II, V, e neU'ordinamento del Paradiso dantesco: cfr. 2.1.21. w. 45-50. «e come (con') subito (alprime- ro) fa seguito la felice esecuzione (compimento) della giusta volontä di Dio, cosi in veritä (al vero) la bella donna, dal mo-mento in cui risplende agli occhi del suo nobile innamorato (gentil), dovrebbe dargli un desiderio (talento) tale che egli non smette (si disprende) mai di obbedir-le». I parricolari di questa simihtudine non sono sufficientemente chiari, anche perché il testo appare dubbio. E chiaro comunque il senso generale, che si regge su di un'analogia tra il rapporto delle intelligenze angeliche con Dio e quello del-l'amante gentile con la donna: come ľin-telligenza, contemplando Dio, mette in moto il cielo eseguendo la volontä divina, cosi l'amante, contemplando la donna, ě dominato da un desiderio che lo lega alla volontä della donna. v. 51. Donna: il poeta si rivolge ora diret-tamente alla donna, presentando il proprio incontro con Dio al momento della morte. Che presomisti?: Che cosa hai pre-sunto, osato?. v. 52. siando: essendo, trovandosi (gerundio settentrionale). w. 53-54. «Hai attraversato il cielo e sei venuto fino a Me, e hai dato Me come termine di paragone (semblantí) per un amore terreno»: ě un rimprovero, con Ľ ass alto tli Amore 55 60 e dešti in vano amor Me per semblanti: ch'a Me conven le laude e a la reina del regname degno, per cui cessa onne fraude». Dir Li poró: «Tenne ďangel sembianza che fosse del Tuo regno; non me fu fallo, s'in lei posi amanza». esplicito riferimento alia similitudine della stanza precedente, w. 55-57. a Me convengono le lodi e alla Madonna, la regina del regno santo, gra-zie alia quale viene meno ogni male (se- condo la diffusa immagine di Maria che scaccia il demonio). w. 58-60. Gli potro dire: «Aveva aspetto di un angelo che fosse del Paradiso; non fu colpa in me, se posi amore in lei». Lo vostro belsaluto e 'I gentil sguardo 11 saluto della donna e il suo sguardo agiscono sulľamante con una forza sconvolgente; Amore compie un vero e proprio assalto, che non si cura dei suoi effetti, ferisce in profondita il cuore délľamante, tagliandolo e scin-dendolo, e gli toglie la parola, quasi fosse vicino alia morte. II sonetto si concentra su questo sgomento creato dall'incontro con ľamata, affidan-dosi, nelle terzine, a due metafore di fortissima evidenza fisica, quella del fulmine che penetra nella finestra della torre (immagine di impeto, di la-cerazione, di rovina) e quella della statua d'ottone (immagine di attonita immobilitä, di figura fissa senza vita). L'amore ě qui qualcosa di minaccio-so ed assoluto, che priva l'amante di se stesso e mette in pericolo la sua identita: secondo una prospettiva che sarä raccolta e sviluppata nella poe-sia di Cavalcanti. METRO: sonetto a rime tutte alternate, secondo un modulo arcaico sempre seguito da Guinizzelli (qui ABAB ABAB CDE CED); notare che la rima B ě siciliana (ancide / mer-zede / divide / vede). Lo vostro bel saluto e '1 gentil sguardo che fate quando v'encontro, m'ancide: Amor m'assale e gia non ha reguardo s'elli face peccato overmerzede, che per mezzo lo cor me lancio un dardo v. i. gentil: nobile. v. 2. m'ancide: mi uccidono (singulare per costruzione a senso). v. 3. non ha reguardo: non cura. v. 4. se crea (face: "fa") dolore o grazia. v. 5. dardo: freccia. 10 died olttc '11 parte lo taglia e divide; parlar non posso, ché 'n pene io ardo si come quelli che sua morte vede. Per H occhi passa come fa lo trono, che fer' per la finestra de la torre e ciô che dentro trova spezza e fende: remagno como statüa d'ottono, ove vita né spirto non ricorre, se non che la figura d'omo rende. v. 6. che lo taglia e divide da parte a parte. w. 9-10. attraverso gli occhi passa come fa il fulmine (trono, "tuono", per meto-nimia indica il fulmine), che colpisce (fer) attraverso la finestra della torre. v. 12. ottono: ottone (forma emiliana an-tica). w. 13-14. in cui non appare nessuno spirito vitale (con la dittologia né vita né spirito), ma che mostra soltanto una immagine di uomo. Vedut'ho la lucente stella diana Qui Papparizione della donna si da sotto il segno della luce e dello splen-dore (che abbiamo visto dominare la grande canzone Al cor gentil rem-paira sempre amore): nella prima quartina essa si presenta attraverso l'im-magine della stella diana, che annuncia il sorgere del sole; nella seconda quartina vengono offerti alcuni dati fisici, estremamente stilizzati (il viso bianco e rosso e gli occhi lucenti). Nelle terzine si indica invece l'effetto che quella apparizione della donna fa sull'amante: per questi si tratta di una battaglia di sospiri, quasi in lotta tra loro, che gli toglie la capacka di par-lare; ma se la donna conoscesse il suo desiderio, forse la pieta per la sua sofferenza la porterebbe a dargli qualche ricompensa. METRO: sonetto a rime alternate ABAB ABAB CDC DCD. Vedut' ho la lucente stella diana, ch'apare anzi che 1 giorno rend' albore, c'ha preso forma di figura umana; sovr' ogn' altra me par che dea splendore: V. 1. Stella diana: e la Stella del mattino (diana dal nome di Diana, dea della luna e della luce del mattino, dies), Lucifero, cioe il pianeta Venere nei periodi in cui sorge prima dell'alba (albore ě la luce delľalba). y. 4. mi pare che dia (dea) splendore piú di ogni altra stella.