226 Una zanzara ron,zava: Euforione, che si faceva vecchio, aveva trascurato di chiudere con attenzione le sottili tende di velo; libri, fogli gettati a terra frusciavano al vento basso che s'insinuava sotto la parete di tela. Mi sedevo sul letto, infilavo i calzari, cercavo a tastoni la tunica, il cintu- 227 rone, la daga; uscivo per respirare l'aria della notte. Percorrevo le grandi strade regolari del campo, deserte nell'ora tarda, rischiarate come quelIe delIe citta; alcune scolte mi salutavano solennemente al passaggio; costeggiando la baracca che serviva da ospedale, respiravo il lezzo dolciastro dei malati di dissenteria. Mi dirigevo verso la scarpata di terra che ci separava dal precipizio e dal nemico. Una sentinella marciava a lunghi passi regolari su quel sentiero di ronda, pericolosamente stagliata allume di luna; in quell'andare su e giú, ravvisavo il moto d'un ingranaggio della macchina immensa di cui ero io il perno; mi commoveva un istante lo spettacolo di quella forma solitaria, di quella fiamma breve che ardeva nel petto d'un uomo, in mezzo a un mondo di pericoli. Una freccia sibilava, appena più importuna della zanzara che m'aveva disturbato sotto la tenda; appoggiavo i gomiti ai sacchi di sabbia del muro di cinta. Da qualche anno, mi si suppone in possesso di singolare chiaroveggenza, di sublimi segreti. E’ falso, non so nulla. Ma e pur vero che durante le notti di Betar ho visto sfilare sotto i miei occhi fantasmi inquietanti: le prospettive che si affacciavano allo spirito dall'alto di quelle colline spoglie erano meno maestose di quella del Gianicolo, meno dorate di quelIe del Sunio; ne costituivano il rovescio, il nadir. Mi dicevo che e vano sperare, per Atene e per Roma, quell'eternità che non è accordata né agli uomini né alle cose, e che i piú saggi tra noi negano persino agli dei. Quelle forme di vita complicate e sapienti, quelle civiltà adagiate nelle loro raffinatezze d'arte e di piacere, quella libertà dello spirito che s'informa e che giudica, dipendevano da circostanze innumerevoli e rare, da condizioni che era quasi impossibile provocare tutte simultaneamente e che non bisognava aspettarsi di vedere aurare. Simone, lo avremmo annientato, Arriano avrebbe saputo proteggere la Siria dalle invasioni degli Alani. Ma altre orde sarebbero venute, altri falsi profeti, i nostri deboli sforzi per migliorare la condizione umana saranno continuati con scarso impegno dai nostri successori; il seme di 228 errore e di morte che anche il bene contiene in sé crescerà mostruosamente nel corso dei secoli. Il mondo, stanco di noi, si cercherà nuovi padroni; quel che ci era parso saggio apparirà vano, quel che ci era parso bello apparirà orribile. Come l'iniziato mitriaco, forse anche l'umanità ha bisogno del bagno di sangue e di passare periodicamente nella fos- sa funebre. Vedevo tornare i codici feroci, gli dèi implacabili, il dispotismo incontestato dei principi barbari, il mondo frantumato in Stati nemici, eternamente in preda al terrore. Altre sentinelle, minacciate da altri dardi, andranno ·su e giù di ronda nelle città future; il gioco stupido, osceno e crudele continuerà, e la specie umana invecchiando vi aggiungerà senza dubbio nuove raffinatezze d'orrore. La nostra epoca, di cui conoscevo meglio di chiunque altro le insufficienze, forse un giorno sarà considerata, per contrasto, come una delle età dell'oro dell'umanità. «Natura deficit, fortuna mutatur, deus omnia cernit». La natura ci tradisce, la fortuna muta, un dio dall'alto guarda ogni cosa. Giocherellavo con un anello che avevo al dito, sul castone del quale, un giorno di sconforto, avevo fatto incidere queste poche, tristi parole; mi spingevo più oltre nella delusione, forse nella bestemmia: finivo per trovar naturale, se non giusto, dover perire. Le nostre lettere si esauriscono, le nostre arti cadono in letargo, Pancrate non è Omero, Arriano non è Senofonte; quando ho cercato d'immortalare nella pietra la forma di Antinoo, non ho trovato Prassitele. Dopo Aristotile e Archimede, le scienze segnano il passo; i nostri progressi tecnici non resisterebbero all'usura d'una lunga guerra; persino i gaudenti, da noi, si tediano della felicità. L'incivilimento dei costumi, il progresso delle idee durante l'ultimo secolo e ópera d'una minoranza esigua di spiriti illuminati; la massa resta ignara, feroce quando puo, sempre egoista e gretta, e si può scommettere fondatamente che tale restera sempre.